All’interno del Comune di Giaglione (To), in media Valsusa, è situato in mezzo al bosco un piccolo agglomerato di case noto come la “Borgata dei Mulini”.
Il mulino al centro è l’unico sopravvissuto intatto, dei sei esistenti alla fine del Millesettecento. È un edificio ad un solo piano, probabilmente di origine medioevale, con il piano terreno costituito da due locali ad arcata entro cui sono alloggiate le due turbine di legno e con un unico locale soprastante in cui sono posizionate le due macine e tutti i loro accessori. La parte sottostante è leggermente interrata: l’evento che ha bloccato l’attività può esser fatto risalire al 1957, quando vi fu l’ultima alluvione secolare perché la precedente, risalente al 1728, non è da prendere in considerazione poiché, come indica un atto notarile del 1757, in quegli anni, il mulino funzionava e dava un reddito di 50 lire piemontesi all’anno, corrispondenti all’incirca a 5.000 euro odierni,(considerando che il peso del denaro contante era molto più alto che adesso).
Una delle particolarità interessanti è la tecnologia.
Si tratta di un mulino a ruota orizzontale, in pratica una piccola turbina con pale di legno il cui albero è direttamente fissato alla macina superiore. Questo tipo di mulino, che si contrappone a quello “vitruviano”, entrato in uso tra mezzo millennio ed un millennio dopo, non ha bisogno di ingranaggi per trasformare il moto della ruota idraulica nel moto rotatorio orizzontale delle macine ma, per contro è meno efficiente: la velocità di rotazione è quella della ruota sottostante e, dato il peso della macina, corrisponde ad una dozzina di giri al minuto, con la conseguenza di una resa non molto diversa dal mulino a forza animale diffuso nell’antichità. Invece, il mulino verticale consente una ruota molto più grande ed un ingranaggio che moltiplica di circa quattro volte il numero dei giri.
La differenza di resa è quello che ha fatto sì che il mulino a ruota orizzontale, come quello di Clarea abbia potuto sostituire la forza animale, ma poi sia stato sostituito a sua volta da quello a ruota verticale quasi ovunque, prima lentamente, a partire dall’epoca di Carlomagno, poi in modo esplosivo tra il Mille e Milleduecento quando l’uso della forza idraulica divenne un fondamento della rinascita economica.
Il mulino di tipo antico, come quello di Clarea, detto anche “greco” perché presente in opere scritte nel periodo della Grecia ellenistica, sopravviverà solo in alcune zone montane dove i corsi d’acqua non hanno molto volume, ma data la pendenza possono avere una grande forza. Lo si dà sopravvissuto in Norvegia sino al secolo scorso, in parallelo a questo ed altri della Valle di Susa che han lavorato sino al 1957.