TORRITA DI AMATRICE

AMATRICE, RIETI

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TORRITA DI AMATRICE
Il territorio amatriciano presenta diverse evidenze archeologiche che purtroppo non sono state mai oggetto di ricerche o di studi approfonditi. L’insediamento antico di maggiore importanza è rappresentato dal complesso sito in località Torrita che fu scavato all’inizio del secolo scorso. La struttura sorge a 1018 m s.l.m e presenta una pianta approssimativamente rettangolare, con al centro un peristilio di cui si conservano parte dello stilobate e le basi di quattro colonne tuscaniche; inoltre sono venuti alla luce una serie di vani pertinenti ad un impianto termale. La decorazione architettonica dell’edificio era particolarmente accurata, come lasciano intuire i materiali recuperati, tra cui un frammento di trabeazione con lacunari ornati da motivi floreali di età Flavia, e un busto maschile di età repubblicana attualmente custodito presso il Museo Nazionale Romano. Sulla base delle tecniche edilizie è stato possibile individuare diverse fasi nell’esecuzione e nel restauro del monumento, che occupano un arco cronologico compreso tra l’inizio del I sec a.C. e il III-IV d.C. Inizialmente le strutture furono interpretate come pertinenti al vicus Phalacrinae, luogo natale dell’imperatore Vespasiano, in seguito individuato invece presso Cittareale. Recentemente il complesso è stato interpretato come parte di una villa rustica o, data la sua ubicazione nel punto di valico tra le valli del Velino e del Tronto, come una stazione di posta che doveva trovarsi a poca distanza dal tracciato della Salaria. I primi scavi che interessarono l’area archeologica di Torrita ebbero inizio tra il 1954 e il 1956, curati dall’allora Ispettore della Soprintendenza archeologica di Roma e del Lazio che ne diede notizia nei Fasti Archeologici del 1954. Lo studioso comunicò l’esistenza di un grande portico con resti di colonne tuscaniche di calcare e un muro in opera reticolata di tufo. La datazione proposta coincideva con l’età augustea. Lo scavo fu poi ripreso da parte di Maria Santangelo nel 1971 e nel 1975 essendo minacciato da una variante della via Salaria allora in progettazione. A questa studiosa si deve il più importante rendiconto dello scavo stesso, pubblicato sui Fasti del 1975-1976 con la presentazione della pianta del complesso che fornisce poi il punto di partenza per tutti gli studi successivi nonostante sia senza orientamento e sia priva di una scala metrica.
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