TORRE DI SAN PROSPERO

REGGIO EMILIA

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TORRE DI SAN PROSPERO
L’11 gennaio 1535 si designano gli esecutori della Torre di San Prospero, nelle persone di Leonardo, Alberto suo figlio, e Roberto Pacchioni, su disegno di Cristoforo Ricci detto anche Rossino dei Lasagni, riveduto da Giulio Romano, allievo di Raffaello. Nella Torre, Giulio, ha lasciato una firma, la conchiglia del primo ordine, visibile dal cortile interno, che sovrasta la porta di ingresso del vano ottagonale di base, che ha nel punto della cerniera una testa leonina. Un elemento raffigurato anche negli affreschi di Palazzo Tè, a Mantova, e in altre opere di Giulio. Vi lavorò i marmi anche il Clemente, ma rimase incompleta come è al presente, senza l’ultimo piano e la cupola. Nel settembre dello stesso anno si scavano le fondamenta della Torre suddetta. Nel novembre del 1538 il disegno della Torre è sottoposto alla supervisione e approvazione di Giulio Pippi, detto Giulio Romano. Nel 1544 il Rossino scolpisce il primo ordine dorico della torre. Dal 1548 al 1552 continua l’opera di rivestimento marmoreo della Torre, ad opera del Rossino, che però procede con interruzioni e lentezza. Nel 1555, morto il Rossino, prende il suo posto il “M.o Prospero Clemente” (Prospero Sogari, Reggio Emilia 1516 – 1584). Fino al 1556 il Clemente segue il lavoro scultoreo del terzo ordine in stile Corinzio. Dal 1563 al 1570 Alberto Pacchioni, riprende i lavori dopo una nuova interruzione, e la lascia incompiuta. La Torre è composta da tre volumi ottagonali sovrapposti e ornati con elementi ripresi dai tre ordini architettonici, manca il quarto mai realizzato. La struttura interna è in laterizio, in ottime condizioni per i restauri di trenta anni fa, e il rivestimento esterno in pietra, marmo e pietra di Verona più resistenti al degrado, sono impiegati soprattutto alla base e nei cornicioni aggettanti. I restauri del 2020 restituiscono la lettura di un’opera unica, di eccezionale valore storico-architettonico, massiccio simbolo della città di Reggio Emilia, la più mercantile delle tre del dominio estense, dichiarazione di forza e di ricchezza, “…di una città che nel Cinquecento sapeva chi era e cosa voleva” (cit. Arch. Mauro Severi). L’arenaria, proveniente da varie zone della nostra montagna, è utilizzata nelle parti superiori, si tratta di materiali di colore grigio, giallo, rossiccio e verde, poco resistenti al tempo e all’aggressione delle intemperie e dell’inquinamento. Nella parte terminale, la serie di lesene che doveva reggere la cornice al quarto elemento volumetrico mancante, conserva due capitelli corinzi, in marmo veronese, di splendida fattura.
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