La zona archeologica di San Cornelio si trova sull'altura di Castelsecco, in prossimità della città, a circa 2 km dal centro storico. Il panorama sulla città e sulle vallate d'intorno è eccezionale. La parte meridionale della collina era sistemata in antico come un'imponente terrazza di forma pressochè ovale occupata da un complesso santuariale in età tardo etrusca (II sec.a.C.), leggermente gradonata e perimetrata sul lato sud da una monumentale e scenografica struttura muraria semicircolare rinforzata e decorata da 14 speroni aggettanti. Ritenuto nel passato di volta in volta sede del nucleo più antico di Arezzo, dell'acropoli della città, di costruzioni romane, dello stanziamento di legioni romane, nella seconda metà dell'ottocento fu oggetto di scavi ed indagini ad opera di Vincenzo Funghini, che documentò le strutture presenti e illustrò i materiali rinvenuti. Si deve però a Guglielmo Maetzke, alla metà degli anni '70, la sistematica esplorazione dell'area e la prima corretta interpretazione del sito sotto il profilo archeologico. Si è così accertato come l'altura fosse frequentata fin dal periodo arcaico, come fosse stata oggetto di un grande intervento edilizio nel periodo ellenistico con costruzione del santuario e del muro monumentale di sostegno, cui fecero seguito rifacimenti architettonici in età romana, e come fosse frequentata e utilizzata in età medioevale e moderna, fino a tutto il XVIII secolo. Contestualmente la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, partendo dalla pianta redatta da Vincenzo Funghini, ha proceduto all'esecuzione di saggi esplorativi e scavi approfonditi sul pianoro sommitale, evidenziando il grande podio rettangolare su cui doveva elevarsi l'edificio templare di cui restano scarsissime tracce. Un rialzo leggermente meno elevato, parallelo, situato ad Est, fa ipotizzare la probabile presenza di almeno un secondo edificio di culto. La scoperta più rilevante fu la messa in luce dei resti di un edificio per spettacoli all'estremità Sud del pianoro più prossima al muraglione in un abbinamento teatro-tempio analogo ai complessi architettonici e culturali dei santuari medio-italici. La monumentalità dell'area, una sorta di belvedere sulla città che era sorta e si andava sviluppando sul colle di San Donato, la sua peculiarità di santuario extraurbano ma in diretto contatto con la comunità urbana e posto a controllo del contado e di importanti direttrici di traffico, l'abbinamento di edifici templari ed edifici per spettacoli in muratura distanziati da un ampio spazio libero per assemblee, riunioni, feste e forse dedicato anche ad attività commerciali, le attestazioni di contatti culturali con l'area medio-italica e il recepimento di influssi culturali ellenizzati, forniscono straordinarie indicazioni sul ruolo vitale di Arezzo nel panorama dell'Etruria settentrionale, anche in relazione dei rapporti privilegiati con la potente Roma. I reperti rinvenuti in varie epoche sono conservati ed esposti nel Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo. Al termine della lunga campagna di scavo, fu effettuato un intervento conservativoe di restauro anche delle strutture teatrali, di cui poi fu decisa la ricopertura al fine di garantirne la salvaguardia e la conservazione per le generazioni future. L'area è in termpi recentissimi stata rivitalizzata dall'associazione Castesecco.org, grazie all'impegno di molti cittadini sensibili alla storia e alla cultura, e al contributo economico dell' Ente Cassa di Risparmio di Firenze. La speranza è che la città intera e le sue istituzioni tornino a considerare Castelsecco uno dei luoghi più significativi dell'identità aretina. L'oblio degli ultimi decenni ceda il posto a una nuova coscienza civica. Neque negligere, neque irasci, neque admirari, sed intelligere.