La cavità Grotta Scaloria, importante sito archeologico ai piedi del Gargano, nella immediata periferia Nord di Manfredonia, in contrada Scaloria costituisce con la vicina Occhiopinto un unico complesso. Scoperta casualmente nel 1932 in occasione della costruzione dell'Acquedotto Pugliese, fu esplorata, all'epoca, nella sola parte alta da Quintino Quagliati. Nel 1964 un gruppo di giovani studenti di Manfredonia, casualmente scoprirono la parte bassa e più ampia della grotta Scaloria, rinvenendo un centinaio di vasi neolitici, dei laghetti ricoperti di calcite, tracce di fuochi ed uno scheletro di un primitivo con i femori spezzati, forse testimonianza di una tragedia speleologica di 6000 anni fa. Nel 1967 si attestò un rituale religioso collegato al culto delle acque praticato in un particolare momento del Neolitico intorno alla metà del IV millennio a.C. Tale rituale prevedeva la deposizione di vasi in prossimità di grandi stalattiti spezzate artificialmente o sui tronconi di esse con funzione di raccolta delle acque di stillicidio. Nel 1968 proseguirono le esplorazioni, e fu trovato un passaggio che metteva in comunicazione le due grotte: Scaloria e Occhiopinto. Furono rilevati lungo tale tragitto ulteriori dodici vasi posti anch'essi sotto lo stillicidio. Gli scavi del 1978-79 condotti dall'Università di Genova, dalla University of Southern Mississippi e dalla University of California, nell'ambito del programma di ricerche sul Neolitico del Sud Est dell'Italia coordinato da Santo Tinè e Marija Gimbutas, rivelarono una lunga frequentazione della parte alta della grotta dal Paleolitico Superiore fino alla fine del Neolitico.
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