Santuario della Beata Vergine Addolorata, Rho, progettato da Pellegrino Tibaldi, il principale architetto di San Carlo Borromeo, nel 1583. Il cantiere proseguì poi con la direzione dell'arch. Carlo Giuseppe Merlo, che la cupola, e di Leopoldo Pollack che completò la facciata. Nel febbraio del 1923 papa Pio XI ha elevato il santuario al rango di basilica minore.
E' uno dei più importanti luoghi di culto mariani di Lombardia ed è situato ai margini settentrionali dell'antico borgo di Rho, nei pressi del Sempione, l'antica strada di collegamento tra Milano e le Gallie, dove già in epoca sforzesca esisteva una piccola cappella dedicata alla Madonna della Neve.
Il 24 aprile 1583 la Vergine che vi era raffigurata fu vista piangere lacrime di sangue da alcuni popolani rhodensi. Dopo una accurata indagine l’Arcivescovo Carlo Borromeo volle la costruzione del Santuario a commemorazione del miracolo e come segno forte e tangibile a sostegno del culto mariano. Lo stesso arcivescovo pose personalmente la prima pietra della basilica il 6 marzo 1584, otto mesi prima della morte, dopo averne commissionato il progetto all’architetto Pellegrino Tibaldi, braccio destro nel rinnovamento dell’architettura ecclesiastica della diocesi nell’ambito della Controriforma.
Già nel 1586, alla presenza dell’arcivescovo Gaspare Visconti e di Federico Borromeo, il Santuario in costruzione fu aperto al culto traslando l’affresco del miracolo sull’Altare Maggiore, dove tutt’ora si trova.
L’edificio crebbe lentamente e fu sostanzialmente costruito entro il primo quarto del XVII secolo, mancando però ancora della cupola, del campanile e della facciata.
Il 4 aprile 1755 il tempio fu consacrato dal Cardinal Giuseppe Pozzobonelli alla Regina dei Martiri. Su impulso dell’arcivescovo, figura molto legata al Santuario, fu avviato il completamento architettonico della basilica con la costruzione della cupola su progetto di Carlo Giuseppe Merlo.
La facciata fu completata durante la restaurazione austriaca, dopo il passaggio napoleonico, dall'architetto Leopoldo Pollack.