SANTA MARIA DELL' UMILTÀ DELL'OSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO

FIRENZE

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SANTA MARIA DELL' UMILTÀ DELL'OSPEDALE SAN GIOVANNI DI DIO
La chiesa di Santa Maria dell’Umiltà sorge dove anticamente si trovava l’antico Ospedale di San Giovanni di Dio, fondato nel 1380 dal banchiere Simone Vespucci, antenato del celebre esploratore Amerigo. Con il passare dei secoli l’Ospedale divenne sempre più importante e, soprattutto dopo la santificazione di San Giovanni di Dio (1690), si rese necessaria l’edificazione di una chiesa annessa alla struttura sanitaria, così da unire la cura dello spirito a quella del corpo. La storia e l'arte di questa chiesa sono strettamente legate a quelle dell'ospedale di San Giovanni di Dio. Infatti, fu grazie a notevoli donazioni e lasciti testamentari che nel 1701 venne intrapreso un rinnovamento completo dell’intero complesso: l’Ospedale fu spostato verso la piazza di Ognissanti e ingrandito, e al posto della vecchia struttura nosocomiale fu edificata la chiesa di Santa Maria del’Umiltà. Come architetto fu scelto l’artista Carlo Marcellini (1643-1713), il quale non soltanto progettò gli edifici, ma si occupò anche della decorazione scultorea della chiesa. Per questi lavori Marcellini rifiutò qualsiasi compenso, si impegnò infatti per “pura carità”, chiedendo solo di essere sepolto nella chiesa. L’edificio religioso è un gioiello del tardo Barocco toscano, ma ancora poco noto, anche perché chiuso al culto e al pubblico da molti anni. E' caratterizzato da una straordinaria coerenza stilistica tra le parti architettoniche e quelle artistiche, nonché dalla presenza di opere legate alla storia della sanità e un tempo considerate miracolose - come il piccolo Crocifisso che si riteneva avesse guarito molte persone dalla peste. La chiesa attualmente versa in condizioni allarmanti: oltre al cattivo stato di conservazione degli stucchi e dei dipinti, è da segnalare il crollo, avvenuto nell’aprile del 2015, di un medaglione in pietra serena raffigurante la Vergine, posto nella facciata della chiesa e scolpito da Carlo Marcellini: l’opera, ridotta in frantumi, è stata raccolta ed è in attesa di restauro.
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