SAN MARTINO AL CIMINO

VITERBO

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SAN MARTINO AL CIMINO
Il borgo di San Martino al Cimino vede la sua origine intorno all'XIII secolo, allorquando nella località, che sorge a circa 560 metri di altitudine, fu edificata un'abbazia ad opera dei monaci cistercensi di Pontigny. Successivamente, nel XVII secolo, il borgo conobbe una notevole espansione urbanistica, demografica ed economica grazie all'interessamento di Olimpia Maidalchini, più nota come Donna Olimpia, vedova del marchese Pamphilio Pamphilj e cognata di papa Innocenzo X, dal quale ebbe il titolo di Principessa di San Martino al Cimino. Donna Olimpia affidò al Borromini la ristrutturazione architettonica del borgo; questi si occupò dei lavori sull'abbazia cistercense (l'innalzamento dei due campanili, con la funzione aggiunta di contrafforti, è opera sua) e, a sua volta, affidò all'architetto militare Marc'Antonio de Rossi il disegno delle mura perimetrali, delle porte e delle abitazioni così come di altri palazzi civili. La realizzazione viene definita un esperimento urbanistico ante litteram: i costruttori del palazzo di corte furono gli stessi che poi acquistarono le case a riscatto,costruite mano mano attorno ad esso: i primi esempi di costruzione pianificata. Le casette, addossate le une alle altre,ospitavano i sudditi all'interno del borgo che era dotato di tutto quanto necessitasse (spacci,osterie,divertimenti organizzati). La principessa aveva esentato i sudditi dal pagamento delle tasse, voleva essere benvoluta creando attorno a sè un nutrito stuolo di sudditi, al punto di stabilire una dote alle ragazze che dopo il matrimonio avessero scelto di rimanere nel paese.
All'interno del secentesco Palazzo Doria-Pamphili, è possibile vedere una vera e propria rarità, infatti il soffitto a cassettoni della stanza da letto di Olimpia Maidalchini, ha una particolarità comune soltanto ad altri due palazzi in Europa, che è quella di potersi abbassare tramite un sistema di carrucole, per ridurre il volume totale della stanza, favorendone il riscaldamento. Di interesse architettonico sono anche le caratteristiche casette a schiera costruite all'interno del muro di cinta.
L'abbazia presenta una facciata solenne ornata da un rosone e da una grande polifora gotica: ai lati si ergono due basse torri campanarie di aggiunta posteriore sormontate da cuspidi piramidali. Particolarmente armonioso è il retro della costruzione con l'abside poligonale di pietra. Sul fianco della chiesa si aprono i resti del chiostro di cui non restano che poche colonne sobrie ed eleganti. L'interno, semplice ed austero, ricorda le grandi cattedrali gotiche e le abbazie cistercensi per l'altissimo soffitto a crociera, le ampie finestre ed il colonnato con pilastri a croce. L'abbazia è direttamente collegata con il vicino palazzo Doria Pamphili, tramite una specie di corridoio costruito sopra un arco che collega il chiostro con la piazza retrostante la stessa abbazia. Nella parte sottostante ci sono alcuni locali oggi sede della confraternita, all'interno dei quali, in una vela del soffitto di una piccola stanza, è raffigurato in un affresco, il castello di Montecalvello, feudo della famiglia Pamphili e successivamente, proprietà di Donna Olimpia. Il papa Innocenzo X della famiglia Pamphili regnante dal 1644 al 1655 e già abate della abbazia, la dedicò alla Madonna, sub titulo Regina delle Vittorie e della Pace, a cui era dedicata anche la chiesa
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