A non più di 200 m in linea d’aria, al di là della ferrovia, sul terrazzo di Riviere, sottostante a quello della Petrosa, si trova il più importante e meglio conservato edificio dell’area, che può essere identificato con un monumento funerario. Il suo rapporto topografico con la necropoli e con i resti abitativi sul promontorio è stato completamente alterato dal profondo sbancamento praticato per la costruzione della nuova SS18 che, praticamente, ha interrotto la continuità tra la contrada Riviere ed il promontorio.
L’edificio è accessibile da Ovest, tramite un avancorpo su cui si apre l’ingresso vero e proprio. La parete opposta all’ingresso presenta una rientranza che rappresenterebbe forse un’originaria nicchia, anch’essa rettangolare nell’ambiente interno si leggono anche due nicchie sui lati Nord e Sud.
L’edificio è di difficile lettura in quanto è stato oggetto di successivi riutilizzi che, tuttavia, ne hanno preservato, pur alterandola, la struttura. Il monumento si presenta a pianta centrale: su una fondazione in opera cementizia, del diametro di 13,45 m, costituita da scaglie di calcare e malta e rivestimento esterno in blocchi di calcare quadrangolari, si erge un poderoso muro circolare, rientrato di cm 30, in opera cementizia, dello spessore di 1,50 m, che determina un vano interno del diametro di m 9,85.
Il muro perimetrale antico è conservato in altezza per un massimo di 5,50 m e non presenta nessuna traccia dell’imposta di copertura: considerando il notevole spessore della parete anulare è ragionevole supporre che questa fosse costituita da una calotta. Non si conserva nessuna traccia del pavimento originario,che stando ad una notizia non supportata da documentazione fotografica, doveva essere in rozzo cocciopesto.
Non si esclude poi la possibilità che lo stesso ambiente sia stato utilizzato come luogo di culto cristiano, in epoca medioevale o postmedioevale, come sembrerebbe suggerire la presenza di un foro nella parte centrale del pavimento, forse utilizzato come ossario. In epoca post-antica il monumento ha subito una completa spoliazione di tutti gli elementi decorativi (lapidei o in stucco) e, quindi, una totale ristrutturazione finalizzata a scopi abitativi o, forse, difensivi: non è improbabile, pur mancando testimonianze certe in proposito, che sia stato inglobato nel sistema di torri costiere di avvistamento che caratterizza tutta la costa tirrenica meridionale nel XV e XVI secolo, in rapporto con la torre, ancora oggi esistente sull’isolotto dirimpettaio, e con il Castello di Cirella Vetere.
Dall’esame delle caratteristiche tecnico-costruttive e plano-volumetriche dell’edificio di Cirella e dai confronti morfologici istituiti con altri mausolei funerari, specialmente di area campana, sembra possa proporsi una datazione di massima tra la fine del I secolo d. C. e l’inizio del III d.C., anche se una serie di osservazioni (ricorsi di bipedali, scansione dello spazio interno, planimetria) sembrano far propendere per l’epoca adrianea e antonina.
Un ulteriore indizio in tal proposito viene fornito dal rapporti di vicinanza con il settore della necropoli scavato nel 1960 dal De Franciscis, collocabile nello stesso torno di tempo.
In ogni caso, si tratta di un monumento di rilevante impegno e di indubbio interesse che dimostra l’acquisizione di forme architettoniche e di tecniche costruttive di tipo urbano anche in aree così periferiche.
Tali considerazioni permettono di ipotizzare che il committente e titolare di un sepolcro così monumentale debba essere cercato nella classe aristocratica, forse membro di una delle famiglie proprietarie delle splendide residenze che è possibile riconoscere nei resti sul promontorio.