ROCCA DI GIAGGIOLO

CIVITELLA DI ROMAGNA, FORLÌ CESENA

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ROCCA DI GIAGGIOLO
Da Cusercoli (valle del Bidente) provenendo da Forlì, prima del ponte prendere strada a sinistra con indicazioni Voltre. Un'erta salita di Km 1,800 seguita da un'altrettanto ripida discesa, ci portano in poco più di 3 Km all'abitato di Voltre, piccolo nucleo abitato edificato sulle sponde del torrente omonimo. Proseguire diritto attraversando il ponte, superato l'abitato inizia subito un'irta salta di circa 2 Km. (pendenze 14% e 15%), al termine della salita prendere a sinistra, dopo circa 1 Km giungiamo a Giaggiolo. Dell'antico castello resta solo un ammasso di ruderi a forma di bastione ottagonale, a guardia di un paio di case, di una piccola chiesa e di una ripida strada che si perde in piccole vallette interne. La storia Castello documentato fin dal 1021 quando, appartenendo agli arcivescovi di Ravenna, venne affidato a cinque fratelli nobili ravennati, figli di tal Rodolfo da Sigio, che fondarono la vasta contea di Giaggiolo. Estintosi il ramo maschile della famiglia la contea fu investita ai Malatesta di Verucchio cui si contrapposero immediatamente Guido da Montefeltro (cognato di Umberto ultimo conte di Giaggiolo) La disputa terminò nel 1266 quando Paolo Malatesta detto il Bello decise di prendere in sposa Betraice Orabile, l'unica figlia del conte di Giaggiolo. La tragica storia di Paolo, capostipite del ramo dei Malatesta di Giaggiolo, invaghitosi della cognata Francesca, figlia di Guido da Polente e moglie del fratello Giangiotto, fu immortalata da Dante nel V' canto dell'inferno. La rocca rimase a lungo possedimento dei Malatesta assumendo notevole potenza ed inglobando anche i territori di Cusercoli. Nel 1371 ai tempi della relazione del cardinale Anglico così viene descritta: E' in un altissimo monte, ha una rocca, un palazzo fortissimo e bello, ed è atto alla guerra. Confina con Valdinoce a Aquilano Nel 1471 i possedimenti vengono affidati ai conti Guidi di Bagno, che tennero il castello fino al XVI secolo, anno in cui ebbe inizio la sua decadenza. Così la descrive il Mambrini nel 1932: Del castello rimane, in gran parte, intatta nel suo perimetro, la cinta alta e ferrigna, che però non è quella antica, perchè appare ricostruita con pietre regolari lavorate a scalpello che portano tracce di antichi incendi.
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