Delle sei porte un tempo aperte nella cinta muraria di Melfi, la Porta Venosina – così detta perché da essa partiva un’arteria che conduceva attraverso la via Appia a Venosa – è quella attraverso la quale Federico II faceva il suo ingresso in città. La firma di Federico Di origine normanna, fu restaurata da Federico II nel XIII secolo, che vi appose la seguente iscrizione: “L’antichità mi ha distrutta, Federico mi ha riparata Melfi, nobile città della Puglia circonvallata da mura di pietra, celebre per salubrità dell’aria, per affluenza di popolazioni per fertilità dei suoi campi, ha un castello costruito su una rupe ripidissima opera mirabile dei Normanni“. Questa lapide celebrativa dell’antica gloria e della grandezza della città fu sostituita più tardi da Giovanni II Caracciolo con quella ancor oggi visibile.
Di stile gotico, la Porta Venosina ha un portale a sesto acuto con l’archivolto a toro scanalato, sostenuto da capitelli a tronco di piramide rovesciata, ed è affiancata da due bastioni cilindrici del 1400, a rafforzamento delle capacità difensive. La porta è affiancata da due bassorilievi di cui uno raffigura il basilisco, stemma della città.
Bellissimo è assistere all'assalto alla porta durante la festa della Pentecoste.
Quest'ultima rievoca lo scontro avvenuto a Melfi , tra il 22.03.1928 e 10.05.1928, tra la Francia dei Re Capetingi e l'Impero Tedesco-Spagnolo di Carlo V.