PODERE MULINO

SPINADESCO, CREMONA

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PODERE MULINO
Prime testimonianze e passaggi di proprietà. Nel 1405 il marchese Antonio Cavalcabò possedeva nel territorio di Spinadesco beni che nel suo testamento, ancora reperibile presso l’Archivio di Stato di Cremona, destinò alle figlie legittime Francesca, Ginevra e Isabella e ai loro eredi. Tra questi beni erano compresi terreni, cascine ed anche un mulino . Nel caso in cui le figlie suddette fossero morte senza prole, il marchese stabilì che il suo patrimonio fosse venduto a cura di un curatore testamentario ed il ricavato fosse destinato “ad pias causas”, ovvero “pro animas ipsius testatoris et defunctorum suorum”. In altre parole stabilì che, in quella particolare circostanza, i suoi beni fossero donati o venduti ed il ricavato usato in suffragio della sua anima e delle anime dei suoi cari. Alcuni anni dopo, tuttavia, sotto la signoria di Cabrino Fondulo, questi beni vennero confiscati al marchese Cavalcabò dalla Camera Ducale con l’accusa di infedeltà e dal Fondulo mantenuti fino alla sua morte. Venduti successivamente a Pio degli Eustachi di Parma, questi beni passarono poi legittimamente ed in buona fede al figlio di questi, Antonio, ma nel 1462, il vescovo di Cremona, Venturino de Marni, dopo che venne riconosciuta infondata l’accusa di infedeltà con la quale i possedimenti del marchese Cavalcabò erano stati confiscati, si adoperò perché fosse data piena attuazione alle ultime volontà del marchese ed ottenne, con bolla papale, che i beni da lui donati al Consorzio del Santo Spirito potessero essere riscattati dall’ospedale di S.Maria della Pietà, da poco costituito per fusione dei i vari ospedali della città e nel quale era confluito anche il consorzio suddetto. Attrezzatura e modalità di funzionamento Il mulino, già di proprietà dell’Azienda Ospedaliera di Cremona ora Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Cremona, è parte di una cascina che si sviluppa attorno ad un’ampia corte. Su di essa si affacciano anche appartamenti, ricoveri per animalie tettoie. Il mulino, operativo fino agli anni ‘60, era dotato di due macine a grano e riso azionate da due turbine. Ancora oggi, nonostante l’avanzato stato di degrado, è possibile osservare gli apparati più importanti, quali: le macine, le turbine, le tramogge, il ventilatore per la pila del riso, cinghie e pulegge. L’ultimo mugnaio fu il sig. Rabaiotti che abitò la cascina in cui è collocato il mulino con tutta la sua famiglia. Prima di lui, come si legge sulla pubblicazione ‘Spinadesco si racconta …’, “era gestito dalla famiglia Manara".
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