A partire dalla metà del 1700, le fornaci di laterizi in Abruzzo hanno costituito un patrimonio di eccezionale valore ed hanno contribuito alla crescita ed allo sviluppo del territorio regionale a livello storico, economico e culturale.
Poche e preziose sono le testimonianze sopravvissute delle cosiddette “Pincere”, il cui nome deriva da "pince", termine dialettale che designa i coppi utilizzati per la copertura dei tetti, ed una di esse si trova nel comune di San Buono, situato nell'area collinare dell'entroterra vastese. Complice la potenzialità del territorio, ovvero l'ampia disponibilità di materiale argilloso, il laterizio “cotto” divenne l'elemento essenziale nelle costruzioni e, per secoli, le tecniche ed i sistemi di produzione introdotti dai romani rimasero invariati.
Le strutture delle fornaci antiche sono definite a “pignone” e di questa tipologia, nel territorio di San Buono, ne esistevano sette: quattro in contrada Maranna e tre in contrada Macchie. La loro attività iniziò gradualmente a rallentare successivamente l'Unità d'Italia e, precisamente, in seguito allo sviluppo della rete ferroviaria in Abruzzo, che favorì il progredire dell'economia del territorio e che portò, quindi, ad un'inevitabile richiesta di un ciclo produttivo maggiore e più veloce, che solo le fornaci a fuoco continuo, tecnologicamente più avanzate, potevano offrire.
La Pincera di San Buono, di proprietà del signor Antonio Angelilli, è un interessantissimo esempio di archeologia industriale in quanto unico ed ultimo esemplare superstite di un’antica fornace nel territorio abruzzese, del tipo "a pignone".