PIEVE DI MOLLI

TEGOIA, SIENA

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PIEVE DI MOLLI
I primi documenti della Pieve di Molli risalgono al 1078, anno in cui la gran contessa Matilde di Canossa, da non confondere con Ava Matilde chiamata la Signora di Montemaggio, mediante un suo placito, donò la chiesa a Vescovi di Volterra. Si ritiene, comunque, che la chiesa di Molli fosse stata costruita precedentemente al 1078 e ciò si desume da studi sulla struttura muraria che la fanno risalire ad epoca longobarda. È, invece, probabile che la contessa Matilde di Canossa abbia ristrutturato con elementi propri del romantico (pietre della navata centrale stuccate anticamente a mo’ di filaretto, campanile a torre ecc.) una costruzione preesistente. Intorno al 1300 la Pieve di Molli acquisì importanza anche temporale, dal momento che vi fu fondato uno dei comunelli di cui era costituita la Repubblica di Siena. Sembra tra l’altro che il primo rettore del comune della Pieve di Molli fosse Sozzo Angiolieri, cugino del più famoso Cecco. Si conserva ancora oggi, presso l’Archivio di Sato di Siena, il testo originale dello statuto del Comune, con miniatura sul frontespizio di San Giovanni Battista recante l’epigrafe: “Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini”. La Pieve di Molli, che sorge in uno dei punti più alti della Montagnola Senese e sullo spartiacque che divide la Val di Merse dalla Val d’Elsa, consta di tre navate divise da una serie di quattro archi a tutto sesto. La navata di destra, distrutta dalle rovine del campanile che crollò colpito da un fulmine, è interrotta fino all’altezza delle ultime due campate, mentre quella di sinistra, un tempo divisa in due stanze, è stata ripristinata e riportata al volume originale. Il tetto, oggi a capanna e sorretto nella navata centrale da tre capriate con architravi a mensola, era in origine strutturato diversamente. Le navate laterali, infatti, erano più basse di quelle attuali tanto che le travi di sostegno del tetto poggiavano sui muri della navata centrale. Le due monofore con arco a tutto sesto poste sul presbiterio, e che davano luce alla chiesa, si affacciano oggi all’interno delle navate laterali. Riprova questa che in un periodo non databile si è ritenuto di sopraelevare il tetto delle navate laterali fino all’altezza degli spioventi più bassi della navata centrale. Del tutto mancante è l’abside. Degno di nota è, invece, il campanile sicuramente di stile romanico e costruito in pietra di torre: la parte alta, ristrutturata dopo la rovina causata dal fulmine, è di recente costruzione e di pessimo gusto. Il barocco ha lasciato anche nella Pieve di Molli, i propri segni, ma le sovrastrutture settecentesche sono ormai quasi del tutto cancellate. L’altare centrale è stato irrimediabilmente lesionato dalle infiltrazioni di acqua piovana ed oramai è del tutto perduto. La pregevole fattura delle sovrastrutture barocche che un tempo adornavano la chiesa, opera dei noti fratelli Cremona, è ancora visibile negli altari laterali. Nel 1900 la chiesa di nuovo imbiancata e ripulita, fu decorata da tal Ermenegildo Parri la cui storia ci è del tutto sconosciuta. Attualmente la chiesa si presenta riportata alle primitive strutture di cui ne fanno parte integrante i possenti pilastri a pianta quadrata a base dei muri che sostengono i tetti delle tre navate. L’altare maggiore è stato ricostruito con bozze provenienti dalla rovina del campanile, sulle quali è posta la grande pietra rettangolare con cornice, che formava, prima del 1700, l’altare della chiesa di Radi di Montagna. Il pavimento attuale in cotto, è composto da vari strati, segno di molteplici rifacimenti nel corso dei secoli. La facciata della chiesa, di struttura simmetrica, data probabilmente 1719, così come il portale di stile rinascimentale, ma collocabile senz’altro nel periodo barocco.
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