PALAZZO PLATAMONE

CATANIA

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PALAZZO PLATAMONE
Il palazzo Platamone alla marina era ubicato tra il porto Saraceno ed il porto Pontone che rappresentavano i due più importanti approdi della Catania medievale. Apparteneva alla illustre e ricca famiglia dei Platamuni che si distinse nel campo commerciale ma che ebbe anche importanti esponenti che primeggiarono nell'ambiente politico ed ecclesiastico.
A questo casato la ricchezza proveniva comunque dal commercio dei prodotti agricoli, del bestiame e dei tessuti esportati da Catania via mare nonchè dall'attività svolta da alcuni esponenti della famiglia che esercitavano la professione di affermati banchieri. Il loro palazzo sorgeva nell'area sulla quale successivamente fu eretto il monastero di San Placido, che spesso ospitò la Regina Bianca, moglie di re Martino il Giovane. La medesima regina di Navarra per agevolare i traffici commerciali dei Platamuni aveva concesso l'apertura di una posterna nelle mura di cinta del baluardo adiacente alla casa di Don Antonio Platamuni. Questo privilegio fu goduto successivamente dai principi di Biscari. Le case dei Platamone si trovano inserite nel monastero perchè già nel XV secolo la famiglia le aveva donate ai religiosi. Secondo la tradizione la dimora era stata edificata sui ruderi del tempio dedicato a Bacco
Le scosse sismiche del 9 e dell'11 gennaio del 1693 distrussero le fabbriche del monastero ed al sisma sopravvissero solo due monache; quanto rimasto in piedi venne, poi, abbattuto durante la ricostruzione della città. Nel periodo post-terremoto, così come era accaduto per altri monasteri femminili di Catania, al monastero di San Placido venne assegnato un intero isolato della nuova città, il sito era più ampio di quello prima del terremoto e solo in parte si sovrapponeva all'area preesistente. Oltre 100 anni durarono i lavori di ricostruzione del monastero e furono spese migliaia di onze. A questa ricostruzione parteciparono alcuni fra i protagonisti della rinascita della città: Alonzo Di Benedetto, l'architetto Giuseppe Palazzotto, Francesco Battaglia e Giovan Battista Vaccarini, mentre per il nuovo prospetto della Chiesa, iniziato nel 1768, le monache si affidarono all'architetto Stefano Ittar. Il convento è costituito da tre elevazioni, due delle quali risultano realizzate in maniera esaustiva, mentre l'ultima è quasi completamente scoperta, costituita dalla semplice parete di prospetto sia per rapportare l'altezza dell'edificio monastico a quello della chiesa sia per difendere la clausura delle monache. All'interno del cortile, sul fondo, si possono notare i resti di Palazzo Platamone risalente al XV secolo. Si può ammirare un profondo archivolto, sormontato da un balcone con parapetto decorato con un motivo a chevron, cioè con fasce bicolori – pietra calcarea e schiuma lavica. L'archivolto è formato da numerose mensole sempre in pietra calcarea legate fra di loro con una serie di piccoli archi ogivali decorati con motivi vari. Al centro lo stemma della famiglia, dove vi è raffigurato un monte sovrastato da tre conchiglie e a loro volta sormontate da un giglio. Questa loggia costituisce la sola testimonianza che ci resta della città tardo-medievale.
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