PALAZZO FANTINI

TREDOZIO, FORLÌ CESENA

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PALAZZO FANTINI
Palazzo Fantini, nel cuore di Tredozio, paese di frontiera, in bilico tra Romagna e Toscana che vive ancora di quella sua natura appartata, lontana dalle frenesie contemporanee, in un panorama di boschi e strade tortuose. Signorile e defilato, opulento e modesto, sospeso tra i ritmi di una passata civiltà contadina e il privilegio di un’erudita agiatezza. Palazzo Fantini raccoglie la storia di un’unica famiglia che lo abita da quasi tre secoli. Come documentano le memorie della famiglia Fantini, il giorno 3 Maggio 1753, furono benedette le fondamenta e le cantonate della facciata e ne fu posta la prima pietra. Su tale facciata in stile barocchetto toscano, sono collocati un balcone e lo stemma di famiglia, un galletto passante, imbeccato e muovente in un campo. Con tale facciata venivano unificati, secondo una architettura abbastanza ricorrente, alcuni edifici più antichi che venivano così nobilitati. Il promotore e costruttore della facciata e del restauro del Palazzo – con l’opera di muratori dello stato di Milano – fu il Lorenzo Maria Fantini (1721 – 1782) laureato in diritto all’Università di Bologna, unitamente ai fratelli Pier Maria, avvocato, e Francesco Maria ecclesiastico. A lui Clemente XIII aveva concesso il diritto di erigere una cappella privata dedicata all’Immacolata Concezione, sia nella Chiesa Parrocchiale che nel Palazzo. Il Palazzo conserva nella sua struttura oltre alle parti più antiche e a quelle settecentesche con ambienti di rappresentanza, anche interessanti e graziosi interventi in stile neogotico o liberty, come il giardino d’inverno. Interessanti sono anche gli ampi ambienti agricoli circostanti il Palazzo nei quali si svolgeva un’intensa attività agricola oramai cessata. Questi ambienti sono stati recuperati, rispettandoli fedelmente, utilizzati per conservare attrezzi e macchine agricole e per svolgervi manifestazioni culturali, musicali ed eventi vari. L’elegante ma severissima facciata settecentesca nulla lascia presagire dell’accogliente segretezza del giardino. Dalla strada nessun indizio; dopo il portale a volta la prima corte accoglie con un gioco di bossi intagliati, salvia splendens e una vasca con piante acquatiche. D’intorno gli ingressi privati e una serie di edifici un tempo pertinenze agricole. Poi la sorpresa, un giardino all’italiana sopraelevato rispetto al piano della casa e accessibile solo da una gradinata lungo un’ampia muratura di sostegno. Esso si compone di vari settori che si adagiano sulla collina ed in salita. Progettato nell’800 riprende i temi classici dell’epoca: i vialetti segreti, la fontana con le ninfee, le geometrie precise delle siepi, i bossi topiati, le aiuole di rose antiche con stachis lanata e bordure di fiori “fuori moda” come dalie e begonie, iris e lantane. Più in alto, il parco di alberi secolari come cedri del Libano, lecci, ippocastani acacie, tigli, querce e sottostanti prati con fiori spontanei, quali margherite, viole, primule e ciclamini. Questa parte va misteriosamente a perdersi nel giardino roccioso con scalinate e muri secondo uno stile ottocentesco e romantico, con vialetti riservati. Il verde cupo dei bossi fronteggia il rosso e giallo dipinti a strisce sul muro interno. Nella tradizione locale infatti gli edifici agricoli venivano dipinti con il tipico motivo a bande bicolori. L’allegra limonaia fa da cornice all’aiuola centrale.
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