OSPEDALE CIVICO, LA CAPPELLA CON GUERCINO

CODOGNO, LODI

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OSPEDALE CIVICO, LA CAPPELLA CON GUERCINO
Il Comitato. "Luoghi del cuore -Ospedale civico di Codogno, la cappella e il dipinto del Guercino", sostenuto dalla delegazione FAI di Lodi vuole offrire un punto di vista differente per scoprire un piccolo segreto custodito proprio in quell'ospedale entrato a sorpresa nell'immaginario di tutto il mondo: la preziosa cappella di culto cattolico che ospita due importanti tele secentesche. Ecco il breve racconto delle origini del nosocomio di Codogno e dell'insperato arrivo di due capolavori, un racconto di arte e di comunità. All'inizio degli anni Trenta del Novecento, dismesso il vecchio ospedale settecentesco, la municipalità acquista i terreni adiacenti e, nel 1938, commissiona il progetto di un nuovo nosocomio all'ingegnere e architetto milanese Cesare Chiodi. L'edificio viene inaugurato nel 1942 e integrato successivamente dall'architetto codognese Giuseppe Falchetti. Nella seconda metà degli anni Sessanta è però pressante l'esigenza di avere una cappella per il culto interna all'ospedale stesso. L'allora presidente dell'Ospedale Emilio Bignami e la consigliera Franca Ciboldi si impegnano a portare la bellezza dell'arte nella piccola cappella codognese, ufficialmente consacrata nel dicembre del 1968 è comunque ancora spoglia. Il 20 novembre del 1967 il presidente dell'Ospedale Emilio Bignami inoltra una lettera alla Sovraintendenza delle Belle Arti e delle Gallerie di Brera con la richiesta precisa di avere in deposito una grande tela per “arricchire le pareti della cappella e sollecitare la devozione dei fedeli.” Anche l'artista codognese Beppo Novello, allievo dell'Accademia milanese nei primi anni Venti, sollecita un prestito “importante” per la comunità codognese. Inaspettatamente arriveranno ben due tele di notevoli dimensioni: “Le sante Chiara e Caterina” di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (1591-1666) e “La Trinità celeste e la Trinità terrena con san Filippo Neri e san Tommaso d'Aquino” di Francesco Albani (1578-1660). L'opera di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino raffigura "Le sante Chiara e Caterina" (1658, olio su tela, cm 305x195). Commissionata a Guercino dal cardinale Rossetti nel 1658 per la chiesa delle monache di Cotignola (Ravenna), la grande pala d’altare fu consegnata non oltre il 1659, come attestano i documenti di pagamento emessi in favore del pittore dai signori Davia (Calvi, 1842). In seguito alle requisizioni napoleoniche, l’opera giunse a Milano nel 1811 per arricchire le collezioni della Pinacoteca di Brera insieme ad un capolavoro di Francesco Albani raffigurante la "Trinità celeste e la Trinità terrena, con san Filippo Neri e san Tommaso d’Aquino" (1626-28). Santa Caterina d’Alessandria e santa Chiara sono ritratte al centro della tela con i tradizionali attributi iconografici. Santa Caterina indossa una corona allusiva alla presunta origine regale, è rappresentata in piedi con il braccio su una realistica ruota dentata spezzata, oggetto che allude alla miracolosa rottura dello strumento di tortura a cui fu sottoposta per il rifiuto di adorare le divinità pagane e di unirsi in matrimonio poiché decisa a dedicare la sua vita a Cristo. Successivamente fu condannata alla decapitazione, richiamata nel quadro di Codogno dalla palma del martirio stretta nella mano sinistra. Santa Chiara veste l’abito francescano delle Clarisse di cui fu fondatrice ed è inginocchiata in contemplazione di un ostensorio. Nella tela il caratteristico naturalismo di Guercino è supportato da un uso sapiente della luce che, declinando con modi teatrali di gusto barocco gli esiti della pittura caravaggesca, plasma le pieghe dei panneggi, genera su di essi effetti di cangiante cromatismo di matrice veneta ed enfatizza la resa quasi epidermica degli incarnati, contraddistinti da impasti di colore dalle tipiche tonalità rosate.
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