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Il Museo del Mare di Siracusa racconta la storia della antichissima Arte della costruzione delle imbarcazioni, della marineria e della pesca Conserva caparbiamente la memoria di un'Arte che non esiste più, di antichi mestieri, maestranze, attrezzi, materiali indissolubilmente legati al mare… salvati dall'abbandono e dal silenzio. Conserva la memoria di maestri d'ascia, calafatari, bottai, fabbri, fonditori, sarti, decoratori, costruttori di nasse e reti, tonnaroti, capitani e rais di storiche tonnare, ciurme di mare; di metodi di pesca legati a stagioni, tempi riproduttivi.
Curato e promosso dai discendenti di una delle famiglie storiche di calafatari siracusani, la famiglia Aliffi, nasce nel 1988 anno in cui vengono demolite le baracche dei "Calafatari" realizzate a ridosso delle mura spagnole sulla Riva forte Gallo a Siracusa. L'attuale esposizione ripercorre il laborioso percorso che portava alla realizzazione ed al successivo varo delle imbarcazioni realizzate nel cantiere navale di Siracusa: PROGETTAZIONE CON IL SEMI-MODELLO. Dal 1850 al 1980 i calafati di Siracusa hanno realizzato i tradizionali gozzi, velieri, motopesca ed imbarcazioni speciali senza l'aiuto di ingegneri navali o tecnici esterni. Ne sono testimonianza i semimodelli che vedete e i progetti conservati ed esposti.Poiché non è possibile ottenere il progetto di una imbarcazione disegnandolo
direttamente su carta, i calafati iniziavano dalla costruzione di un semi-modello che riproduceva perfettamente in scala metà imbarcazione. Il semi-modello si otteneva dalla sovrapposizione di diversi strati di tavolette dello stesso spessore; raggiunto l'effetto desiderato le tavolette venivano separate e le curve ottenute erano riportate su carta con l'aiuto di righe flessibili tenute ferme dai piombi. Dalle proiezioni ortogonali di questo fascio di curve si otteneva il profilo di tutte le ordinate dell'imbarcazione. COSTRUZIONE CON IL GARBO: Questa tecnica tramandata per secoli, non prevedeva alcun disegno ma la costruzione e l'uso sapiente di una sagoma detta in dialetto "iabbu". Il "garbo" assicurava alla barca funzionalità, equilibrio e bellezza, non era la forma della barca ma la conteneva, non si comprava e non ne esistevano due uguali. Il "garbo" ha tramandato, nella sua millenaria storia, un modo di essere e la sapiente aspirazione ad un modello che è garanzia di grazia e stabilità. L'assemblaggio dell'imbarcazione iniziava dalla realizzazione della chiglia in legno di leccio. Posizionata la chiglia venivano incastrate le ruote di prua e di poppa e le sagome dell'orlo, che vedete esposte a parete, tracciate e definite separatamente.
Durante le Giornate di primavera sarà possibile vedere tutti gli attrezzi esposti realizzati nel cantiere dagli stessi calafati. Le parti in acciaio venivano realizzate dal fabbro, l'ultimo don Enrico Caracò. In ferro erano realizzate le opere per le barche più grandi, per esempio i ferramenti per i divergenti, gli anelli per gli alberi e le sartie. Al fonditore era riservata la realizzazione delle finiture in bronzo quali agugliotti, maschio e femminella, passa-cavi, bitte, scalmiere per i remi.
Apprendisti Ciceroni