Sul territorio di Covo, già secoli orsono esistevano due mulini ad acqua, uno presso la Cascina “Rèsga” lungo la strada per Fara Olivana e l’altro appena fuori dell’abitato “a mattina” all’inizio della strada per Calcio. La storia di questo secondo mulino è piuttosto antica: molto probabilmente venne realizzato ai primi del ‘400, infatti sulla parete est del fabbricato c’è ancora una formella incastonata che, nella parte superiore, mostra il simbolo dello stemma comunale -un covone di frumento- mentre, nella parte inferiore, vi è incisa la scritta (oggi quasi totalmente illeggibile): “1411 Augusti 16”. Nella descrizione del feudo di Covo datata 4 agosto 1698 e depositata presso l’Archivio di Stato di Milano (Fondo Feudi Camerali) si legge che, a quell’epoca, il marchese Ferrante Novati era il proprietario dei due mulini. In particolare sta scritto: “…Tutti doi li detti molini sono affitati, cioè uno verso mattina a Giovanni Battista Ghisino, ma non so cosa paghi, et questo molino ha due ruote servendosi dell’acqua detta il Fontanone, che viene da Romano …”. Agli inizi del ‘700, quando venne avviato il cosiddetto “Catasto Teresiano” voluto da Carlo VI d’Asburgo e portato a termine dalla figlia, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, il mulino venne censito come segue: mappale 976: mulino da grano ad acqua superficie: 0.15 pertiche censuarie ( = 150 mq) rendita censuaria: 288 lire censuarie località: Contrada Terragli possessore: Scarpini Paolo e Giacomo, fratelli, fu Antonio Più tardi, nel 1738, risultava di proprietà della famiglia Valle, una famiglia benestante locale che lo aveva comprato unitamente a diversi sedimi dell’antico castello, ormai in rovina, per recuperarvi a scopo costruttivo gli antichi mattoni rimasti. La vita di questo mulino andò avanti con alterne vicende, anche perché subiva i danni derivanti dalle secolari diatribe tra il comune di Covo e quello di Romano. Quest’ultimo, trovandosi a nord, non sempre lasciava scorrere liberamente le acque di rogge e fossati, chiedendo spesso una specie di canone per lasciar defluire le acque verso sud a beneficio dei due mulini e dei terreni a pascolo di Covo. Ai primi del ‘900 venne ad abitare a Covo il mugnaio Marco Colpani di Fara Olivana, che installò in centro paese, in Via Crocefisso, un piccolo mulino a motore. Dopo un certo tempo decise di trasferirsi nello stabile del vecchio mulino a mattina, provvedendo a rimodernarne e ristrutturarne anche i macchinari. Poiché d’estate spesso l’acqua era insufficiente (non più per le beghe comunali ma per l’intensivo utilizzo nel settore agricolo), installò un motore adeguato e così macinò farine di frumento e granoturco per molti anni. Il Colpani era anche l’organista della parrocchia e, alla cosiddetta “messa prima” suonava l’organo nella chiesa di Covo, poi si faceva portare in bicicletta dal figlio Natale fino a Fara, dove suonava per la “messa seconda o la messa alta”. L’attività di mugnai della famiglia Colpani cessò verso il 1970 con Mario Colpani, nipote di Marco, tuttora abitante in una porzione del fabbricato che è stato acquistato dal Comune di Covo per mantenere la memoria di questo antico edificio.
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