Montefabbri, il cui toponimo deriva da Mons Fabrorum, cioè Monte dei Fabbri (i Fabbri furono i primi signori del luogo), sorge sulla sommità di un colle, che delimita le vallate del fiume Foglia e del torrente Apsa, nel territorio di Colbordolo di Vallefoglia.
L’antico nucleo abitato si sviluppò dal 1100, attorno alla pieve di San Gaudenzio (VII – VIII secolo) e, alla fine del 1200, nacque il castello.
Dopo alterne vicissitudini, Montefabbri divenne feudo del ducato di Urbino e nel 1578 l’ultimo duca, Francesco Maria II della Rovere, nominò conte Francesco Paciotti, valente architetto civile e militare, già noto in Italia e in Europa per i suoi progetti di cittadelle e fortificazioni.
La famiglia Paciotti detenne il potere sul castello, fino al 1774 e, dopo questa data, Montefabbri entrò a far parte del territorio della Santa Sede.
Sfollato dai nazi-fascisti nel 1944, il borgo restò illeso dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, conservando la sua connotazione medievale.
Dal 2006 è inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia.
Una ripida rampa, che ha sostituito l’antico ponte levatoio (di cui sono ancora visibili i cardini), conduce all’unica porta urbica, sovrastata da un arco a tutto sesto e da un bassorilievo in pietra arenaria, recante l’immagine della Madonna del latte (XIV sec) mentre, nella parte interna della porta, affacciata sulla piazzetta del castello, campeggia lo stemma araldico dei conti Paciotti.
L’impianto urbanistico del castello ha conservato, pressoché intatte, le sue caratteristiche originarie, con le piccole case in pietra, racchiuse all’interno della cinta muraria del XII secolo, la quale offre un bel panorama sulle vallate circostanti e nelle cui fondamenta si trovano alcune grotte, utilizzate nei secoli passati come possibili vie di fuga, in caso di pericolo.
Il cuore dell’abitato è rappresentato dall’antica pieve, dedicata a San Gaudenzio, primo vescovo di Rimini, situata lungo un’importante direttrice, che collegava Urbino al mare Adriatico e alla vicina Romagna. Al suo interno sono conservate pregevoli opere: numerose tele di epoca barocca, il catino del fonte battesimale, ricavato da una stele marmorea di epoca romana, in cui la tradizione orale narra che vi sia stato battezzato il beato Giansante Brancorsini, frate francescano, nativo del luogo, vissuto nel 1300. La cripta goticheggiante, ricavata da una stanza dell’alto campanile ‘400esco, custodisce le spoglie di santa Marcellina, martire romana del V secolo.
Di notevole interesse, oltre ad un organo a canne del 1700, perfettamente funzionante, sono i numerosi paliotti, pannelli e lapidi realizzati in scagliola (decorazione in stucco), risalenti alla seconda metà del XVII secolo, che sono considerati i più antichi nelle Marche.