La storia delle miniere della Valvassera, che contano circa 5 km di gallerie, è una storia dimenticata. Tutto iniziò molto probabilmente in epoca romana. Anche se alcuni studiosi locali fanno risalire l’inizio delle prime operazioni di estrazione al tempo degli Estruschi o ai Celti. Di sicuro c’è che il punto di massima espansione, le miniere della Valvassera lo raggiunsero nell’800, sotto Napoleone. La repubblica Cisalpina, affamata di materie prime per consolidare il proprio dominio in Europa, iniziò a rilasciare concessioni (al tempo si chiamavano privative) a raffica.
Gli imprenditori della zona, solleticati dalla prospettiva di facili guadagni, individuarono così un vero e proprio bacino minerario di circa centro chilometri quadrati delimitato a Sud dal Campo dei Fiori e a Nord dalla valle del Tresa, con il suo fulcro, appunto, in Valvassera. Per arrivarci bisogna incamminarsi lungo una strada laterale della statale 233 Varesina.
Le fonti storiche sulle origine di questo giacimento sono scarse. Difficile trovare dati certi e documenti. Fra quelli più interessanti, ne compare uno del 1500 che comproverebbe un arbitrato sulla proprietà di un giacimento nel quale sarebbe rimasto coinvolto anche il futuro Papa Pio IV, passato alla storia per essere stato il pontefice che condusse a conclusione il Concilio di Trento e che istituì il primo indice di libri proibiti. Comunque sia, “l’età dell’oro” della nostra miniera fu senza dubbio l’Ottocento. In particolare, nel 1811 il Dipartimento del Lario, del quale faceva parte il distretto di Varese, produceva 2.104 tonnellate di metalli e vantava oltre 200 giacimenti. Così, la miniera della Valvassera venne ampliata con impianti più moderni e con la costruzione di un magazzino, di una fucina, di una falegnameria, di una stalla, di vari laboratori chimici, di una pesa, di cucine e di un alloggio-dormitorio per i minatori. Più gli uffici amministrativi.
Miniere della Valvassera in Valganna
Per arrivare alla miniera della Valvassera bisogna incamminarsi lungo una strada laterale della statale 233 Varesina.
E tutto, sebbene mezzo diroccato e sommerso dalla vegetazione, è ancora lì, lungo i sentieri che ogni fine settimana vengono invasi dagli amanti del trekking. Vicino all’imbocco delle vecchie gallerie, scavate sino a una profondità di una decina di metri, ci sono ancora vecchie attrezzature abbandonate e un capello rovesciato nel vicino torrente. L’argento estratto dalla miniera della Valvassera veniva venduto alle grandi industrie di La Spezia, Padova e Genova e nel 1870 venne anche portato all’edizione viennese di Expo del 1873. Tuttavia, il crollo del mercato europeo, tra Ottocento e Novecento, provocò la progressiva chiusura del sito, arrivata in via definiva a metà degli anni Sessanta.
Oggi, di quella miniera si possono vedere solo i resti dimenticati e mezzi distrutti: l’antica ferrovia arrugginita, le case diroccate, i tetti sfondati e le travi di sostegno erose dall’umidità.