I reperti provenienti dagli scavi archeologici hanno fatto ritenere che i coloni greci che fondarono la città fossero prevalentemente dediti all’agricoltura. Grazie agli scambi commerciali con le popolazioni indigene della Sicilia e con altre città del Mediterraneo la città raggiunse nel VI secolo a.C. un’estensione di circa 60 ettari entro la cinta muraria. Il tessuto urbano della città, diviso in lotti, rappresenta oggi il modello più completo al mondo di città greca arcaica ancora esistente.
Nel 483 a.C. il tiranno Gelone, per rafforzare il proprio potere, rase al suolo la città e ne trasferì tutta la popolazione a Siracusa.
Trascorso circa un secolo e mezzo dalla sua distruzione, una nuova colonia rinacque sulle rovine della vecchia città arcaica riutilizzando parzialmente le strutture, le strade, l’agorà ecc. mutandone però il tessuto urbano. Questa nuova Megara, ellenistica, di dimensioni assai più ridotte rispetto a quella arcaica e totalmente dipendente da Siracusa, fu inevitabilmente coinvolta nel conflitto che opporrà Roma a Siracusa nel corso della seconda guerra punica. Le mura ellenistiche costruite in quell’occasione per fortificare la città non impedirono al console romano Marcello di espugnarla e distruggerla nel 213 a.C..
Gli scavi archeologici hanno evidenziato che dopo la distruzione e fino al VI secolo d.C. nel sito erano presenti costruzioni sparse di epoca romana che in parte avevano riutilizzato le strutture preesistenti.
In seguito il sito fu definitivamente abbandonato; la città non esisteva più e il nome di Megara indicava solo una località ma non si sapeva dove si trovasse. Lo si saprà con certezza solo alla fine del XIX secolo quando iniziarono i primi scavi archeologici.