Gli orientamenti futuri di un folto gruppo di cittadini lequilesi sono quelli di tutelare un luogo dal punto di vista ambientale e paesaggistico, in nome di una natura che è stata tradita e sta scomparendo. Classificata come un’area da lottizzare dal vecchio strumento urbanistico, si è giunti ora ad una svolta in cui l’attuale amministrazione sembra sensibile a ipotesi di tutela di quest’area, che storicamente è sempre stato un luogo lacustre, da cui forse le origini del nome di Lequile. “Per cui in origine, dove ora sorge il paese, poteva esserci un 'lucus', ossia una luminosa radura...; o un 'lacus', ovvero un limpido specchio d'acqua”. Nella storia del Salento le origini cittadine sono fatte risalire per tradizione all'epoca romana, quando si stabilì nella zona il centurione Leculo, il quale eresse una villa da cui sorse poi un villaggio. Dall'XI sec. al 1463, il casale di Lequile fece parte della Contea di Lecce e del Principato di Taranto. Nel 1291 ne fu signore Ugo di Brienne; nei secoli XIV e XV appartenne ai Bonomine, ai De Marco, ai Sambiase, ai Santabarbara e ai Marescallo. Nel 1433 Maria d'Enghien, contessa di Lecce, principessa di Taranto e regina di Napoli, lo concesse in feudo al barone Guarini di San Cesario, alla cui famiglia appartenne fino al 1531. Successivamente dal Doria, divenutone signore nel 1554, venne ceduto al Pansa; da questi alla nipote della famiglia Dell'Anna, e quindi al Graffoglietti, ai Venato, agli Imparato, ed infine ai principi Saluzzo che ne serbarono il possesso dal 1690 al 1806, data di abolizione della feudalità. Alle spalle del centro storico di Lequile vi è un luogo magico, un’area ricca di vegetazione, una rete di pozzi storici, un ecosistema autosufficiente e in equilibrio con organismi viventi che interagiscono tra loro e con l'ambiente che li circonda. L’area in questione in questi anni sta cambiando ed alcuni pozzi storici sono stati abbattuti, mentre resiste il muro a secco tra il canneto e un canale dalla bellezza unica in cui tuttora sopravvivono le rane. Tutt’intorno vi sono tracce di muri a secco ed alcune di una particolarità unica chiamati “muri paralupi”. L’immensa varietà di giardini e la presenza di canneti rendono unico questo posto, descritto nelle antiche planimetrie urbane che si utilizzavano nel XVI sec. e conservate nell’archivio storico, uno studio che da queste carte storiche insieme a quelle più recenti hanno individuato questo luogo come “Li Paduli”, una vasta area nord ovest di Lequile. Si racconta che in questo luogo vi erano vigne e padule dove si lavorava il lino per l'abbondante presenza di acqua. Sono ancora presenti anche piccoli edifici agricoli e su un lato un complesso masserizio in stato di abbandono. Dall’interno di questo luogo non sembra nemmeno di stare a Lequile e invece dal muro a confine con il grande piazzale, prospiciente la piazza principale, vi sono luoghi da incanto, che se ripresi e curati potrebbero diventare davvero una risorsa per la comunità di Lequile. Dalle tracce del vecchio castello del XV sec., abitato per circa un secolo perché i feudatari nei primi del XVII sec. si trasferirono nel vicino palazzo in piazza, al vecchio canale che è stato ingrandito con un intervento del 2015, nel quale cresce la vegetazione acquatica, giunco, tipha latifolia, nei cui rami e foglie ha nidificato la gallinella d'acqua, oltre il giardino principesco persistono i piani con acqua superficiale che a volte straborda per le forti piogge facendo apparire specchi d’acqua grandi come piccoli laghi e mettendo in serio pericolo anche l’abitato di Lequile. Dal rinnovato interesse ed opera di divulgazione di alcuni cittadini ed attenzione verso questo luogo sono nate sui social numerose perplessità, cosa ne sarà dei Paduli? La speranza è rivolta al buon senso e alla partecipazione di tutti ad amare questo luogo come un luogo della memoria storica del paese, magari ipotizzando la possibilità di farci un grande parco, al momento assente nel comune di Lequile.