LE CORTINE DI TERZIGNO

TERZIGNO, NAPOLI

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LE CORTINE DI TERZIGNO
"Le cortine di Terzigno" sono aggregati di case dalle cupole estradossate che rappresentano il tessuto architettonico più autentico del Comune di Terzigno, il vero centro antico, caratterizzando il paesaggio vesuviano e testimoniando con la loro presenza materica il legame con il Vesuvio. Rappresentavano il centro sociale della vita cittadina e contadina testimonianza di un modo di vivere in società basato sulla condivisione degli spazi e sull'uso comune delle cose. Contenevano elementi di uso comune costruiti da dagli stessi abitanti con la collaborazione di ognuno (spesso da un'unica famiglia), ed usufruiti dall'intera comunità: cisterne, forni, lavatoi, aje, tinacci, torchi. Architettonicamente le cortine sono una sorta di palazzo orizzontale della famiglia contadina costituito da elementi monocellulari, di dimensioni minime: il minimo necessario per abitare. Nessun architetto ha progettato questi spazi, ma sicuramente qualcuno le ha pensate queste case prima di costruirle. Le case a cupola che compongono le cortine sono la testimonianza della sapienza costruttiva locale che faceva del materiale vulcanico il fondamento del rapporto con il territorio vesuviano. La costruzione di una casa era un lavoro estremamente difficile e laborioso, pieno di arte e sapienza, maestria e intelligenza: semplici cubi, privi di decorazione con una porta e una finestra, qualcuno con la scala, il cellaio seminterrato e con una copertura voltata a cupola estradossata che consentiva il raffrescamento estivo e lo scivolamento dei lapilli e delle ceneri vulcaniche in caso di eruzione. I contadini avevano bisogno di uno spazio fresco dove lasciar maturare il vino, conservare qualche frutto, uno spazio dove posizionare il giaciglio per dormire e una tavola per mangiare. L'ambiente della casa era spesso un unica stanza in cui si mangiava e si dormiva. Fuori dalla casa però c'era il resto: c'era la cisterna dove si raccoglieva ed attingeva l'acqua, il lavatoio per lavare i panni, il forno per fare il pane per l'intera settimana, l'aja per seccare gli ortaggi o i frutti , il tinaccio ed il torchio per l'uva (anche questi in pietra vulcanica vesuviana o in muratura). Gli spazi esterni in realtà configuravano un ulteriore spazio domestico diventando la continuazione della casa stessa. Queste piccole casette spesso per svariati motivi, sono lasciate deperire nell'oblio della dimenticanza o sono lasciate abitare quasi per disfarsene, da chi per condizione economiche e sociali poco abbienti, si accontenta di occuparle a basso costo, oppure da chi con l'ambizione di ricavarne abitazioni nuove e moderne, le amplia, le demolisce, le altera al punto di trasformarle totalmente rispetto alla loro immagine originaria generando ulteriore degrado all'interno di un contesto urbano già fortemente compromesso e generando ghetti. Questo fenomeno lento ma progressivo, sta interessando numerose costruzioni e luoghi tradizionali (sono prese di mira soprattutto le case a cupola da tempo abbandonate) generando la perdita degli elementi originari, le tracce del contesto urbano di Terzigno innescando di conseguenza una progressiva perdita di testimonianze storiche, una perdita delle memoria e la conseguente alienazione dell'identità collettiva di questo paese. Demolire o deturpare un'antica casa a cupola o un termine lapideo, un forno in muratura piuttosto che un lavatoio coincide con la cancellazione della propria storia, della propria memoria ed arreca un'offesa alla memoria ed all'operato dei nostri nonni. L'identità e la memoria di Terzigno non può prescindere dalle case a cupola, dalle cortine, dalla cultura contadina che ha generato e fondato socialmente e materialmente questo paese. Sono stati i contadini i primo abitanti di questo territorio già dai tempi dei romani. Sono stati i contadini a costruire i primi insediamenti ed abitare, produrre, coltivare creare rapporti sociali essenziali e trasformare in "urbano" quel territorio periodicamente reso arido e fertile
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