La Fiumara Grecanica del Bergamotto: dove si parla ancora la lingua di Omero e si coltiva il bergamotto accanto una delle sinagoghe più antiche del Mediterraneo.
È una valle compresa nell'isola linguistica greca calabrese, percorsa da una suggestiva fiumara, torrente a carattere torrentizio, tipico dell'Aspromonte meridionale. Intitolata al santo protettore delle donne, San Pasquale, nasce ai piedi di Bova, capoluogo culturale grecanico, una piccola comunità agro pastorale che perpetua la lingua e le tradizioni della Magna Grecia.
Lungo il suo percorso, la fiumara del San Pasquale irriga un amena valle alluvionale dove cresce il Bergamotto, singolare agrume, risultato di un innesto casuale di arancio amaro e cedro. La sua peculiarità risiede nelle proprietà dei suoi oli essenziali, noti fin dal Seicento alle officine cosmetiche di Versailles e Colonia, per le straordinarie capacità fissative del bouquet aromatico dei profumi. Le straordinarie proprietà del Bergamotto sono oggi molto utilizzate anche nel settore sanitario, della cosmesi e della gastronomia. La sua produzione si limita alla sottile striscia di costa della provincia ionica di Reggio Calabria, nei versanti più a Sud del continente Europeo.
Nonostante l'origine del Bergamotto sia ignota non è da escludere che sua la coltivazione sia iniziata proprio in questa valle, abitata dal tardo antico da una florida comunità ebraica. Proprio lungo l'argine destro del piccolo fiume, in prossimità della foce, è stata infatti rinvenuta una sinagoga, una delle più antiche del Mediterraneo, decorata con uno splendido mosaico pavimentale della metà del IV secolo d. C. realizzato con tessere musive policrome, l'opera raffigura all'interno di sedici riquadri, simboli della religione giudaica, tra cui la menoràh (candelabro a sette bracci), affiancata dallo shofar, il corno di ariete allusivo al sacrificio di Isacco, e da una foglia di palma (lulab) insieme ad un cedro (etrog), il frutto perfetto della religione giudaica, utilizzato durante la festa di Sukkot, che ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto prima di giungere alla terra promessa.
I manufatti rinvenuti nel sito archeologico, si conservano nell'Antiquarium del parco ArcheoDeri, insieme a singolari scoperte dell'intera area, la cui peculiarità risiede nella sua straordinaria continuità con il passato magno greco e bizantino. Tra i reperti spiccano le anse di anfore del IV-V sec. d.C., vidimate con timbri raffiguranti candelabri a sette bracci, utilizzati per certificare i cibi contenuti, confezionati secondo le norme kosher; un balsamario raffigurante Kore, del VI secolo a. C., rinvenuto nelle fondamenta di una fortezza magno greca, distrutta durante un conflitto tra le polis di Reggio e Locri, nel corso del V sec. a.C., e una piccola figura antropomorfa in ceramica, del tipo delle grandi madri neolitiche, della seconda meta del VI millennio a.C..
La sensazionale stratigrafia storica della valle non è confinata solo ai margini della foce del San Pasquale. Lungo la fiumara è infatti presente un immensa villa romana tardo antica, munita di una basilica absidata, un tempo decorata con marmi, mosaici e colonne.
Impianti di canalizzazione medievale certificano l'esistenza di una intensa attività agricola che si materializza anche in una serie mulini a caduta verticale, costruiti a partire del Seicento lungo l'alto corso del fiume. Suggestiva è inoltre la masseria fortificata, chiamata Baggju, testimonianza ottocentesca della vocazione rurale della valle, incentrata sulla coltura del bergamotto. Le sorgenti infine scorrono lungo pittoresche gole, dette in grecanico, schicciu, che danno vita a salti e cascate, di incommensurabile bellezza.