Il Castello di Castiglione
Il castello normanno di Castiglione, posto strategicamente tra la piana di
Amiterno e la valle del Salto, ovvero tra il territorio aquilano e quello reatino,
viene attestato per la prima volta nel 1173 nel Catalogus Baronum, l’elenco di
tutti i feudatari del Regno di Sicilia, istituito da re Ruggero II d’Altavilla per
stabilire un controllo più attento del territorio e dei rapporti vassallatici.
Successivamente si fa menzione della struttura in una bolla di Papa Alessandro III del 1178 con la
denominazione di “Castello di Ballo”. In seguito nel 1204 in una bolla di Papa
Innocenzo III al vescovo di Forcona viene sancito il passaggio del territorio di
Castiglione di Ballo, tra gli altri, dal contando amiternino a quello forconese.
Erano questi gli anni in cui i castellani, vessati da tasse elevate, si rivoltarono
ottenendo solamente una dura repressione da parte dei nobili. La repressione a
sua volta scatenò una violenta reazione del popolo culminata con la distruzione
dei palazzi signorili. Il castello di Castiglione non seguì un destino diverso come
ci testimonia Buccio di Ranallo nella sua “Cronaca Aquilana rimata” (1251). In
cerca di protezione da un’eventuale rivalsa dei nobili, gli abitanti dei vari
castelli, e quindi anche quelli di Castiglione, decisero di unirsi nella città
dell’Aquila, di recente fondazione.
Nel 1406 Ladislao I d’Angiò, re di Napoli, vendette Castiglione, con i suoi
territori, le sue ville e i suoi uomini, a Nicolò Gaglioffi dell’Aquila. Da quel
momento in poi, per volere di Nicolò, il castello non si chiamò più Castiglione
ma diventò il “Castello di Tornimparte”.
Dalla seconda metà del XV secolo il castello risulta già abbandonato. I
violentissimi terremoti, che si erano succeduti nella prima metà del secolo, e le
conseguenti pestilenze costrinsero la popolazione di Sant’Angelo a trasferirsi a
Lucoli e poi definitivamente a valle nell’attuale paese di San Nicola Da allora il
castello venne completamente abbandonato e i terremoti del XVIII e del XX
secolo ne causarono la quasi totale distruzione.
Il castello ha una struttura che lo caratterizza come un castello-recinto: è
costituito da una rocca, con una superficie di 600 m² circa, e da un borgo
fortificato che, con un’estensione dieci volte più grande di quella della rocca, si
estendeva lungo la dorsale della collina e raccoglieva le abitazioni del popolo. Il
castello presenta un cassero con pianta allungata, con a nord mastio e dongione dell’originario impianto normanno e con un’altra torre a sud-est dai
cui piedi si sviluppava l’abitato. Il castello ha un impianto approssimativamente
triangolare, o a quarto di cono: con cassero turrito al vertice e le abitazioni che
sviluppavano verso la base lungo il pendio collinare dentro il recinto murario
trapezoidale. La rocca è la parte del castello meglio conservata, cinta da mura
larghe 1,20 m e costituita da due torri. Quella collocata a nord conserva ancora
buona parte della struttura, l’altra a sud è emersa sotto i resti di un crollo e
presenta una struttura quadrangolare di cui rimangono evidenti gli stipiti
dell’ingresso verso nord. Il resto della torre è crollato lungo la collina. La rocca
presenta inoltre una serie di piccoli ambienti, forse occupati dalle guarnigioni. È
stato anche individuato un varco, a ovest, che collegava la rocca al borgo di cui
rimangono gli stipiti e i conci dell’arco crollati. Per la costruzione del castello è
stata utilizzata pietra calcarea probabilmente di provenienza locale. Le
strutture murarie sono a doppia cortina, cioè muri che presentano due
paramenti esterni e un nucleo interno riempito da un conglomerato di malta e
frammenti di pietra.
Descrizione a Cura dell'Associazione "Semi sotto la Pietra"