Il toponimo Palù che richiama l’antica presenza di una zona paludosa, indica un’area di circa 1000 ettari compresa tra i comuni di Sernaglia, Moriago, Vidor e Farra di Soligo. L’area è caratterizzata da una zona argillosa altimetricamente più bassa rispetto alle zone circostanti, questo crea una tendenza al ristagno di acque che vanno poi ad alimentare le falde freatiche e le risorgive delle fontane bianche. Il paesaggio costituito da una maglia di prati umidi, con fossati e piante perimetrali, è unico nel suo genere in Italia e in Europa. La zona era già frequentata nell’età del bronzo, vi sono ancora degli evidenti resti di un castelliere, e durante l’era Romana si sono verificati i primi interventi di assetto idraulico che poi si sono concretizzati con la bonifica che iniziò intorno al 1200 per opera dei frati benedettini della vicina abbazia di S. Bona di Vidor. Gli acquitrini furono trasformati in appezzamenti a prato, delimitati da fossi e da siepi perimetrali frangivento. Questa sistemazione permette l’utilizzo dell’area per la produzione di foraggio, di legname e legna da ardere. I Palù rappresentano una delle zone a campi chiusi meglio conservate in Veneto e nel nord Italia: nei prati umidi si osservano stupende fioriture primaverili di orchidee e di iris sibirica; nelle siepi e nelle macchie boscose si ammirano numerosi esemplari di farnia, la quercia autoctona tipica dell’antica foresta planiziale. L’avifauna è presente con specie rare, quali il tarabuso e il falco pellegrino. Ora si preferisce trasformare molti di questi prati in arboreti o tentare di immetterci coltivazioni come mais, soia, vigneti.
Perdere l’essenza di un paesaggio come quello del Palù renderebbe i Veneti e gli Italiani più poveri, almeno spiritualmente.