I Giganti di Mont'e Prama sono sculture nuragiche che, spezzate in numerosi frammenti, sono state trovate casualmente in un campo nel marzo del 1974 in località Mont'e Prama nel Sinis di Cabras, nella Sardegna centro-occidentale. Dopo diverse campagne di scavo, effettuate fra il 1975 e il 1979, i 5.178 frammenti vennero custoditi nei magazzini del Museo archeologico nazionale di Cagliari per circa trent'anni e poi portati presso il Centro di Restauro e Conservazione di Li Punti a Sassari, dove, tra il 2007 e il 2011, grazie a un finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della Regione Sardegna, è stato eseguito il restauro dell’intero complesso. Questa operazione di restauro ha consentito di ricomporre 28 statue, tutte frammentarie, che rappresentano 16 pugilatori, 6 arcieri e 6 soldati. I pugilatori hanno un guanto armato da un piccolo pugnale e uno scudo protettivo sopra la testa, i soldati impugnano uno scudo circolare finemente decorato, hanno una lancia al fianco ed un elmo da cui spuntano due lunghe trecce e gli arcieri hanno all’arco sul braccio, la faretra in spalla e un braccio protetto da una guaina e da un guanto. Tutte le statue hanno naso e sopracciglia marcati e dei grandi occhi composti da due cerchi concentrici, che conferiscono alle statue un aspetto magico e fortemente enigmatico . Le statue sono scolpite in calcare e la loro altezza varia tra i 2 e i 2,5 metri. L’operazione di restauro ha consentito di individuare anche alcuni betili e 16 modelli di nuraghe. Le stature ricostruite sono attualmente visibili in due poli espositivi, il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, in cui si offre la lettura delle statue all’interno del disegno complessivo dell’archeologia sarda e mediterranea, e il Museo Civico di Cabras, in cui vengono approfonditi il contesto della scoperta, il luogo e le condizioni di rinvenimento. E’ prevista la creazione di una nuova sede museale. Dopo una lunghissima interruzione di ogni attività di scavo, a distanza di 40 anni Mont'e Prama è tornato a far parlare di sé; nel 2014 è stata aperta nuovamente l’area già scavata per effettuare nuove ricerche, dopo che il team di geofisica applicata dell’Università di Cagliari aveva scandagliato il sottosuolo con le più moderne tecnologie riportando una analisi dettagliata del paesaggio archeologico che ancora si cela sotto terra. Un tesoro che l’equipe dell’Università di Sassari ha fatto emergere. In soli 40 giorni di scavo sono arrivati i primi importanti risultati; come appariva logico non si trattava di una necropoli isolata: in appena 250 metri quadrati di scavo, in corrispondenza di chiare anomalie geofisiche, sono stati individuati, scavati, catalogati, classificati e documentati ulteriori 3500 frammenti come risultati degli scavi dell’Università di Sassari e Soprintendenza, tra cui due statue pressoché integre e due imponenti betili, successivamente restaurati dal centro di Conservazione e Restauro diretto dal dott. Roberto Nardi ed esposti presso il museo di Cabras.
Il cantiere degli scavi di Mont ’e Prama si è poi fermato ed è stato chiuso ai turisti ed ai visitatori, attirati dalla pubblicità turistica della Regione (e dall’attività di divulgazione scientifica delle Università). Nel 2015 gli scavi sono stati ripresi dalla Soprintendenza nell’area della capanna posta ad ovest del filare di tombe e per la sistemazione dell’intera necropoli. L’attività è stata nuovamente sospesa per oltre 8 mesi ed è stata ora ripresa per mettere in luce un muro nuragico in prosecuzione delle strutture segnalate dall’indagine geofisica. Malgrado la disponibilità di un cospicuo finanziamento delle Università, non è stata ancora concessa l’autorizzazione agli scavi nelle aree esterne a quella archeologica, perché non ancora acquisite dal demanio. In sostanza il sito non riesce tuttora a restituire la grandiosità e l’importanza dello storico ritrovamento.