HANGAR SPERIMENTALE DELLA PIAGGIO

FINALE LIGURE, SAVONA

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HANGAR SPERIMENTALE DELLA PIAGGIO
L’hangar della memoria La fabbrica di aeroplani Piaggio di Finale Ligure di Fabio Caffarena (docente di Storia contemporanea, Università di Genova) Per contrastare la depressione economica che aveva colpito la comunità, nel 1900 il Comune di Finalmarina (dal 1927 Finale Ligure) pubblicò sul Corriere della Sera e su altri quotidiani un bando per attirare sul territorio imprese capaci di impiegare un centinaio di lavoratori, in cambio di contributi e agevolazioni fiscali. Furono necessari sei anni per realizzare il progetto: nel 1906 vennero fondate le Officine di Finalmarina per la costruzione di carri ferroviari e il nuovo stabilimento – progettato dall’architetto Riccardo Haupt e realizzato dalla Colombo-Ventini Martino & C. di Milano – fu inaugurato nel luglio 1907. Costato circa 500.000 lire, occupava un’area di 25.000 m2, con 10.000 m2 di padiglioni coperti lunghi dai 45 ai 90 m e larghi 12 m. [figg. 01-02] Nel periodo antecedente la Prima guerra mondiale, difficoltà produttive portarono lo stabilimento sull’orlo del fallimento: fu il conflitto a rilanciare l’impianto, rilevato nel 1917 dall’imprenditore genovese Rinaldo Piaggio e trasformato nel cantiere aeronautico Piaggio & Comp. per la produzione e riparazione su licenza di idrovolanti da ricognizione e bombardamento Franco-British Aviation FBA e SIAI S.8. Tali lavorazioni imposero l’ampliamento della fabbrica, che Piaggio affidò all’architetto piemontese Giuseppe Momo: in particolare l’hangar, costruito in riva al mare dalla Società Mantelli-Corbella & C. di Genova, presentava un’innovativa struttura in cemento armato a pianta rettangolare di 7.700 m2, lunga quasi 100 m e larga 83 m, con cinque navate laterali larghe più di 16 m e alte 11 m. Nell’inverno 1917 il progetto subì modifiche per consentire di movimentare gli ingombranti idro-bombardieri Caproni 600 hp: tali interventi comportarono l’aumento della larghezza a 25,5 m, l’elevazione della navata centrale fino a 20 m, ritardi nella consegna e costi lievitati a oltre 450.000 lire [fig. 03]. Terminato nell’agosto 1918, l’hangar fu visitato da una commissione militare americana che lo definì «costrutto con criterii moderni» e – si legge su Il Ligustico del 22 settembre 1918 – «superiore ad ogni altro». Complessivamente l’adeguamento dello stabilimento, esteso fino a 50.000 m2, costò oltre 3 milioni di lire, ma appalti per circa 25 milioni resero l’investimento assai conveniente (i progetti originari dell’hangar sono conservati presso l’Archivio di Stato di Torino – Fondo Giuseppe Momo). Al termine del conflitto la Piaggio continuò la produzione di aeroplani e motori: alcuni velivoli rimasero solo disegni o prototipi, altri furono realizzati in pochi esemplari, ma vennero anche costruiti su licenza grandi idrovolanti passeggeri come il Dornier Do J Wal. [fig. 04] Durante la Seconda guerra mondiale lo stabilimento fu oggetto di attacchi aeronavali, tuttavia i danni non fermarono la produzione, trasferita in apposite gallerie e in altri siti. Nel dopoguerra la Piaggio realizzò velivoli di successo come l’anfibio P.136, il suo derivato terrestre P.166 e gli addestratori P.148 e P.149 [fig. 07], inoltre la fabbrica finalese si affermò come polo motoristico per il montaggio e la revisione di propulsori a pistoni, turboelica e a reazione: tra questi ultimi i Rolls Royce Viper montati sugli Aermacchi MB 339 delle Frecce Tricolori. I nuovi equilibri internazionali indotti dal crollo del Comunismo tra il 1989 e il 1991 e la contrazione del mercato aeronautico incisero sulle Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio (denominazione assunta nel 1964) nel periodo di sviluppo dell’innovativo velivolo P.180 [fig. 08]: da allora la fabbrica ha vissuto periodi di crisi e tentativi di rilancio, attraverso riassetti societari e cambi di proprietà (da IAM Rinaldo Piaggio a Piaggio Aero Industries, infine Piaggio Aerospace), prima del trasferimento nei nuovi impianti di Villanova d’Albenga avvenuto nel 2014.
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