GROTTA DI CHECCO LALLO

VETRALLA, VITERBO

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GROTTA DI CHECCO LALLO
La storia di Vetralla si intreccia da secoli con la produzione della terracotta. A Vetralla le botteghe – in realtà grotte scavate nel tufo - si concentravano su via dei Pilari, la strada che porta dal centro del paese alla contrada Mazzocchio. All’interno delle grotte si depurava l’argilla, la si modellava, la si cuoceva nei forni a legna. La materia prima, l’argilla rossa, era invece ricavata dalle cave del vicino Monte Panese. I produttori di terracotta erano designati come “cocciari”, ma anche “pignattari”, o ancora “pilari” - da cui prende appunto origine il nome della via delle botteghe. Tra le più note famiglie di artigiani della terracotta ricordiamo - oltre ai Ricci - anche i Paolocci, i Gambellini, i Pistella. In particolare Checco Lallo è il soprannome che designa l’intera famiglia Ricci. Il soprannome prende origine da Ilario, nonno di Felice, ed ha identificato anche il papà Francesco e il fratello Angelo. La fornace è rimasta attiva fino ai primi anni 2000. Attualmente l’ultimo cocciaro che lavora l’argilla rossa di Vetralla è Angelo Ricci. Questo mestiere è stato trasmesso di padre in figlio, tanto che ciascuna famiglia ha conservato i propri segreti. I discendenti di Checco Lallo hanno continuato ad usare le medesime tecniche produttive insegnate dai loro genitori e nonni senza l’introduzione di sostanziali innovazioni tecnologiche. Preparavano da soli la creta e gli smalti, modellavano i pezzi con il tornio a pedale, li cuocevano nelle grandi fornaci a legna. motivi decorativi di Vetralla rappresentano tradizionalmente soggetti floreali, con alcune variazioni sul tema che caratterizzavano la produzione delle diverse botteghe. Le decorazioni a foglia di ulivo caratterizzavano ad esempio le botteghe dei Ricci e dei Gambellini, mentre i diversi rami della famiglia Paolocci rappresentavano in alcuni casi le rose, in altri ancora l’ulivo, ma anche margherite, girasole e quadrifoglio.
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