Fonti orali, che si riflettono nella toponomastica dei luoghi, riferiscono che Celestino V si rifugia in una zona rupestre, la grotta dell’Abate, presso la spiaggia di Càlalunga, tra Peschici e Vieste, ed è qui che sarebbe stato prelevato dal governatore di Vieste. Lo storico locale Giuseppe Martella ipotizza: «Papa Celestino trovò rifugio in una grotta di Peschici, quella che noi chiamiamo ‘a grott u papa”. L’insenatura da cui si diparte il sentiero che conduce al complesso rupestre è denominato in dialetto «u’ lale d’ la Croce» ( spiaggetta della Croce).La Croce fa parte della simbologia celestiniana: il suo logo è una Croce con una S intrecciata, simbolo dello Spirito Santo.
La presenza nel Gargano di Celestino V, e dei “fraticelli” spirituali, trova un’eco letteraria ne “L’Avventura di un povero cristiano” di Silone. La scena V si svolge in una località impervia, raggiungibile solo in arca, tra Peschici a Vieste. Il tempo del racconto è un giorno di maggio del 1295, dopo sei mesi all’abdicazione di Celestino e dall’inizio della sua fuga per sottrarsi alle ricerche degli agenti di Bonifacio VIII.Celestino riposa all’interno di una grotta; due giovani frati, in abiti civili, aspettano che si svegli per comunicargli le ultime novità: il priore di San Giovanni in Piano ha messo a disposizione una barca con un paio di pescatori per andare in Grecia Aspettano, per partire, che il vento sia favorevole.
Presa la decisione dell’esilio, Celestino ne spiega i motivi ai due fraticelli che gli sono rimasti accanto: «Figli miei, guardate questa terra, queste pietre, il mare, il cielo; riempitevi l’anima di queste immagini; per ripensarle da lontano. Bisogna amare la propria terra, ma, se essa diventa inabitabile per chi vuole conservare la propria dignità, è meglio andarsene».
Al di là ai questi riferimenti toponomastici e letterari, i luoghi del comprensorio sono interessati dall’onda della memoria di Celestino V. La sua figura restò impressa nell’immaginario collettivo per un’affinità importante: il territorio garganico si era qualificato, fin dal periodo medievale, per un’estesa e capillare colonizzazione monastica, una serie di insediamenti religiosi e di grotte rupestri, dove monaci, anacoreti ea eremiti vivevano in stretta simbiosi con la natura
Nell’XI e XII secolo numerose abbazie benedettine erano proliferate intorno al Santuario dell’Arcangelo Michele: ebbero una straordinaria influenza spirituale ed economica, con estesi possessi territoriali e imponenti strutture insediative. Alle terre incolte e ai boschi, che costituivano gli iniziali possessi fondiari, si sostituì una rete di nuclei produttivi di seminativi e vigne. L’esperienza degli insediamenti monastici celestiniani, il sistema delle “fraternite” delle “grance” si inserirà in questo contesto propizio favorendo l’utilizzo razionale del territorio.