Area naturale ai piedi del Monte Penna (1735 m) e al confine col Parco Naturale Regionale dell'Aveto che circonda le sorgenti del fiume Taro, in Emilia Romagna, al confine con la Regione Liguria. Tutta la zona è geologicamente interessante perchè mostra i resti di quello che fu l'antico fondo oceanico dell'Oceano Ligure-Piemontese, durante il Giurassico (Sequenza ofiolitica).
Al centro sorgono diverse frazioni, tra cui Pianazzo, un piccolo paese in cui resistono poche famiglie che tengono viva la tradizione dei luoghi. Tutta questa parte d'Italia fu teatro di lotta partigiana durante il 1944-45, pagando in prima persona con numerose vittime innocenti. Anche Pianazzo, insieme alle altre frazioni, subì il rastrellamento tedesco.
La natura intatta e rigogliosa fa da padrona, creando spettacoli naturali e panorami mozzafiato.
Intorno all'VIII secolo un gruppo di monaci provenienti dall'abbazia di San Colombano di Bobbio fondò nell'odierna Santa Maria del Taro un convento con annessi un ospizio per pellegrini e una cappella dedicata alla natività di Maria; il luogo sorgeva infatti all'incrocio tra le strade per il passo del Bocco, il passo della Scaletta e il passo dell'Incisa.
Prima del 1150 la giurisdizione sul convento passò all'abbazia di Borzone; crebbe da allora l'interesse dei conti di Lavagna Ravaschieri, Fieschi e Bianchi sulla zona, tanto che nel 1393 il papa Bonifacio IX concesse per un secolo l'amministrazione e l'usufrutto dei beni della chiesa alla famiglia Ravaschieri. La zona rientrava nelle mire anche dei conti Landi di Compiano, che a lungo la contesero ai conti lavagnesi, finché nel 1552 Simone Ravaschieri vendette al marchese di Bardi Agostino Landi ogni suo diritto su Santa Maria del Taro, che fu quindi annessa allo Stato Landi.
Nel 1682 Gian Andrea III Doria-Landi, nipote della principessa Maria Polissena Landi, ultima della stirpe, alienò lo Stato Landi al duca Ranuccio II Farnese, che lo annetté al ducato di Parma e Piacenza.
Nel 1853 il versante emiliano del monte Penna fu affidato in gestione dal duca Carlo III di Borbone al barone inglese Thomas Ward, che iniziò lo sfruttamento delle miniere di rame e del legname delle foreste; l'imprenditore progettò anche una ferrovia per collegare la zona con Piacenza, ma l'anno seguente, dopo la morte di Carlo III, le concessioni furono ritirate.
Nel 1874 a Manchester fu fondata dal viceconsole inglese di Genova Henry De Thierry e alcuni soci la "Società Foreste e Miniere del Monte Penna", che ottenne in gestione le foreste e le miniere del versante emiliano del monte. Mentre l'estrazione del rame si rivelò presto poco redditizia e venne abbandonata, il legno di faggio divenne una preziosa risorsa per la distillazione, allo scopo di produrre acido pirolegnoso greggio, utilizzato all'epoca per ricavare l'alcol metilico, l'acido acetico e il catrame. L'imprenditore, in qualità di direttore societario, si stabilì in una grande villa a Santa Maria del Taro, che divenne la sede del primo stabilimento italiano per la distillazione del legno, dal 1897 ribattezzato "Società italiana per le industrie chimiche". L'industria risollevò l'economia della piccola e isolata frazione, attirando per alcuni decenni fino a 5000 lavoratori; Henry De Thierry fece inoltre costruire una lunga teleferica tra il monte Penna e gli impianti produttivi nel centro del paese e, nella località di Pianazzo, un'officina elettrica per la produzione di energia. L'opera più importante da lui finanziata e realizzata fu però la strada di collegamento, attraverso il passo del Bocco, con Chiavari, che fu in seguito unita a Santa Maria del Taro con una linea di corriere.
Gli stabilimenti furono successivamente chiusi nel corso del XX secolo, ma rimasero sempre in funzione le due centraline idroelettriche, tra cui quella di Strinabecco.