Caravita si trova a Cercola, una cittadina situata alle falde del Vesuvio, conosciuta in tempi antichi come la Taverna della Cerqua, che sorgeva in quei fertili territori vesuviani e che tra il XVII e XVIII secolo si arricchirono di splendide ville e ridenti case di delizia, appartenenti alle famiglie della nobiltà napoletana e non. Famiglie come i Capece Piscitelli, i Carafa di Stigliano, i De Campora, i Caravita di Sirignano, i Filangieri d’Arianiello e tante altre, abitarono queste residenze che, ancora oggi, impreziosiscono il patrimonio architettonico storico locale. Caravita rientrava tra i possedimenti del nobile Tommaso Caravita dal quale prende il nome e che nel XVII secolo vi costruì la sua casa palazziata. Tali possedimenti includevano una Masseria di notevoli dimensioni dove numerosi coloni si occupavano di tutte le attività della campagna e numerosi erano i forni che vi sorgevano all’interno, dei quali, ben cinque, ancora oggi, sussistono lungo le vie di Caravita; due di essi, resi funzionanti grazie a interventi di recupero, vengono utilizzati da alcune signore in occasioni particolari o per cuocere i dolci e i rustici tipici delle feste pasquali e natalizie. Tali forni hanno assistito e resistito all’avvicendarsi degli eventi e degli uomini per diversi secoli, pertanto, non solo rappresentano una testimonianza storico-architettonica dell’Antica Masseria, ma costituiscono anche una stratificazione storico-sociale del luogo, un profondo legame culturale e identitario tra la comunità attuale e la sua lunga storia, un ponte tra l’anima delle comunità del passato e quella attuale, in quanto, la maggior parte delle persone che vi abitano sono native del luogo, sono figli dei coloni della Masseria e custodiscono ancora le memorie della loro infanzia e quelle dei racconti dei propri genitori e nonni, la cui vita era scandita, oltre che dal lavoro nella Masseria, dalla condivisione di storie e di calore, di fatiche e di ristoro, di speranza e di solidarietà che la comunità si raccontava quando si riuniva intorno ai forni per la cottura del pane quotidiano. Ancora oggi, quando in particolari occasioni si accendono i forni, la via si anima di una gioia primitiva, evocata da profumi e voci che risvegliano ricordi e legami affettivi. Alcune signore, native del luogo, come uno scrigno prezioso custodiscono un patrimonio culturale immateriale fatto di racconti, di tradizioni e di gesti antichi. Racconti di vite, ma anche di comunità, di pasta madre prestata da casa a casa, di pagnotte grandi per chi aveva avuto difficoltà a preparare il pane e di pagnottine piccole da donare e eventuali contadini di passaggio verso i campi, in segno di solidarietà e in nome del valore simbolico che univa il pane e gli uomini. Da due anni, con enorme entusiasmo, ci stanno tramandando le loro conoscenze, ci stanno insegnando a impastare il pane e a cuocerlo proprio in quei forni. Insieme a loro stiamo sperimentando la panificazione con grani antichi e stiamo coinvolgendo le scolaresche nel recupero di questo immenso e significativo patrimonio culturale. Restaurare i forni antichi significa recuperare la storia del luogo e dei suoi abitanti. Attraverso il restauro i forni potrebbero essere resi fruibili dalla comunità e si potrebbero avviare dei percorsi culturali che coinvolgano anche le nuove generazioni, per valorizzare e mantenere viva la memoria storica di Caravita e della sua comunità, negli anni e nelle generazioni a venire.