Fin dai tempi di Giulio Cesare, diversi imperatori romani tentarono l’impresa di regimentare le acque del Lago Fucino, sia per ovviare alle periodiche esondazioni, sia per poter strappare nuove terre fertili alle acque. Il primo a riuscire fu l’imperatore Claudio che fece costruire un inghiottitoio per drenare le acque del lago verso il fiume Liri. Il collegamento tra il Fucino ed il Liri prevedeva un tratto a cielo aperto, il canale collettore; un complesso di vasche e chiuse, l’incile; un tratto in galleria, l’emissario, che prendeva aria dall’esterno tramite numerosi pozzi raggiungibili da cunicoli. L’impresa durò 11 anni, l’inaugurazione avvenne nel 52 d.C.; rimase in funzione fino alla caduta dell’Impero Romano. Nel medioevo Federico II di Svevia tenta di ripristinare l’emissario, seguìto successivamente da Alfonso I d’Aragona e Ferdinando I di Borbone ma non sembra con maggior fortuna, fino al prosciugamento definitivo ad opera del banchiere Alessandro Torlonia dal 1854 al 1878.