MURO FINANZIERE DI NAPOLI

NAPOLI

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MURO FINANZIERE DI NAPOLI
La citta di Napoli, sia la parte centrale che l’estrema periferia, è ricca non solo di monumenti ben distinti e riconosciuti, ma anche di vecchie costruzioni ormai abbandonate e in disuso o addirittura diroccate. Napoli ha avuto sin dalla sua nascita, delle mura, antiche cerchie difensive che hanno protetto per secoli la città ed i suoi abitanti. Ogni dominazione ne creava una sempre più ampia e forte, così ne troviamo di greche, romane, bizantine, ducali, normanne, angioine, Aragonesi e vicereali. Di tutte abbiamo delle testimonianze reali e i napoletani bene o male ne conoscono le origini. Ma c’è ancora un ultimo muro poco conosciuto anche se il più recente, e che presenta dei resti abbandonati difficili da riconoscere, il muro finanziere. Voluto da Ferdinando I di Borbone nell’anno 1824 lungo circa venti chilometri, partendo dal ponte della Maddalena, attraversava le paludi, le colline (di Capodichino, di Capodimonte, di San Rocco, dell’Arenella e di Posillipo), fino ad arrivare di nuovo sul litorale, nei pressi di Mergellina. Fu realizzato in poco meno di 4 anni, iniziato nel 1826, fu completato nel 1830. Il progetto prevedeva lungo il suo sviluppo una serie di barriere, chiamati Edifici Daziari principali. Questi erano ubicati sulle principali direttrici di accesso alla capitale, le quattro barriere principali sopravvissute sono: -Quella presso il ponte della Maddalena, situata in via ponte dei Granili, la prima ad essere costruita, formata da due edifici posti ognuno lato della strada e di cui oggi è visibile solo quello lato mare; Edificio neoclassico del Dazio, in via Reggia di Portici prima del Ponte dei Granili (San Giovanni a Teduccio). La foto mostra devoti al ritorno dal santuario della Madonna Dell’Arco. -Quella di Poggioreale, frontestante l’ingresso al cimitero (il famoso emiciclo da sempre stazionamento capolinea dei tram che abbiamo sempre visto distrattamente ma non ci eravamo mai chiesti cosa sarebbe potuto essere.); – Quella di Capodichino, che era la più vicina alla strada che conduceva a Roma. “Capodichino – Piazza Capodichino” (oggi piazza G. Di Vittorio), con il tempietto della dogana. Cartolina. Autore sconosciuto. L’edificio rotondo in stile neoclassico (progettato dai fratelli Stefano e Luigi Gasse), posizionato al centro della piazza, fu abbattuto nel 1927 in occasione dei lavori di riposizionamento delle rotaie delle Tranvie Provinciali. Nel 1848 furono costruiti gli otto obelischi in piperno, tutt’ora visibili, e fortunatamente non l’unica testimonianza in questo tratto. In direzione Calata Capodichino infatti, è possibile ammirare un palazzo storico adornato con colonne ioniche, uno dei quattro edifici daziari, sopravvissuti alla demolizione. Non ce l’ha fatta invece, “l’edificio della rotonda”, costruito appunto al centro della piazza e caratterizzato da una cupola emisferica, destinato ad ospitare gli uffici delle forze dell’ordine ma abbattuto nel 1927, durante i lavori per il posizionamento delle rotaie delle Tranvie “Capodichino – Piazza Capodichino” (oggi piazza G. Di Vittorio), con il tempietto della dogana. L’edificio rotondo in stile neoclassico (progettato dai fratelli Stefano e Luigi Gasse), posizionato al centro della piazza, fu abbattuto nel 1927 in occasione dei lavori di riposizionamento delle rotaie delle Tranvie Provinciali. -Quella del cavone di Miano (il quale finisce nel vallone di San Rocco), nella zona di Bellaria che era il punto più critico dove il tratto di muro costeggiava come un terrapieno il Bosco di Capodimonte ed era lambito dall’alveo-canale proveniente dal Vallone S.Rocco, dopodichè risaliva ripidamente sulla Via Miano. Il tratto di muro sulla strada è ancora visibile oggi. -Il tratto lungo il mare era di costruzione anomalo poiché non esisteva nessun muro ma erano solo delle piccole costruzioni a forma di garitte per il controllo del pescato e della merce proveniente dal mare.
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