Nascosta nei meandri della campagna andranese, trova riparo un’antica cripta rupestre, ricca di storia, religione e arte, denominata Cripta dell’Attarico. È un antro in gran parte naturale scavato nella roccia viva che, tra gibbosità del soffitto e nicchie lungo le pareti, presenta inaspettatamente due affreschi; gradini irregolari ci accompagnano alla soglia sacrale (cruciforme) che guarda solitaria verso il mare.
Si ritiene che dal secolo VIII al X, la grotta abbia ospitato monaci basiliani sfuggiti alla lotta iconoclasta esplosa in quegli anni nella lontana Costantinopoli. Inizialmente come rifugio e successivamente come eremo spirituale, questo luogo ha continuato ad essere frequentato dai quei religiosi, che nel frattempo si erano stabiliti nella vicina Abbazia di Santa Maria del Mito.
La Cripta dell’Attarico (dal greco Tárikos, “concia”) prende il nome dalla zona in cui sorge, adibita sin da tempi remoti alla concia delle pelli praticata dai pelicani e testimoniata dalla presenza della Quercia Vallonea; questo maestoso albero forniva infatti delle ghiande contenenti l’acido tannico, indispensabile per la lavorazione e creazione delle pergamene, non a caso impiegate dagli operosi amanuensi basiliani. I preziosi manoscritti raggiungevano l’importante monastero bizantino di San Nicola di Cásole, a Sud di Otranto, e da qui il resto dell’Italia e dell’Europa.
Come già detto l’antro offre ben due affreschi, ormai poco visibili a causa del grave deterioramento: il maggiore raffigura la Madonna in procinto di allattare il Bambino tra due angeli e l’altro una semplice croce latina. Sotto al più grande è stato ricavato un gradino/altare, mentre sotto la croce un umile inginocchiatoio lapideo, evidenti segni della trasformazione del sito in luogo di culto.
La profonda devozione locale ha dato vita ad una seconda denominazione della cripta, ossia “del Lattarico”, legandola ad una leggenda. Si narra di una povera popolana che, non riuscendo a sfamare il figlioletto con il solo latte del suo seno, si rivolse in preghiera alla Vergine effigiata nella grotta. La divinità le comparse quella notte in sogno rivelandole la causa della sua afflizione: una biscia, annidata tra le pietre del suo casolare, le sottraeva furtivamente il latte destinato al pargolo. Questa storia, tramandata nel tempo e nel circondario, fece sì che nascessero dei pellegrinaggi di donne incinte, le quali chiedevano la “grazia del latte” per i loro nascituri.
Si suppone che il culto della Madonna del Latte abbia origini ancora più antiche che lo farebbero risalire ai tempi delle Crociate, quando i soldati avrebbero trasmesso l’immagine della Virgo lactans da Oriente a Occidente. Altre ricerche riconducono il culto ai Cavalieri Templari, i quali lasciarono traccia del loro passaggio come testimonierebbe la presenza di una Croce Templare affrescata sulla volta.
In tempi molto più recenti, nel 1990, a pochi passi dalla grotta viene inaugurata una chiesa, eretta accanto ai ruderi di precedenti cappelle edificate tra ‘700 e ‘800 dai feudatari del luogo: i Caracciolo.
Ancora oggi permane la devozione verso la Vergine dell’Attarico e si celebra al tramonto, il 3 Agosto di ogni anno, con una fiaccolata che parte dal paese e arriva fino alla Cripta. Al termine del rito il sacerdote benedice il pane che verrà poi consumato durante la tradizionale Sagra de la Puccia cu le Vulìe animata da musica popolare. All’alba del giorno dopo, nei pressi della nuova chiesa, si svolge una funzione religiosa che apre le celebrazioni per la grande festa patronale di Maria SS.ma delle Grazie.
È in questa grotta che, tra il susseguirsi di monaci e cavalieri, tra misticismo e mistero, si cela un emozionante angolo del nostro paesaggio.