Sulla Villa dei conti Serego a Veronella hanno scritto insigni storici come Giuseppe F. Viviani e Lionello Puppi. Viviani nel volume La villa nel veronese la descrive come la principale delle residenze Serego nella Bassa e che ancora a fine XX secolo costituiva un vero e proprio feudo, di oltre 4000 campi coltivati a riso e cereali.
Il palazzo è in gran parte formato dai resti di un castello medioevale, a cui è addossato un edificio del 1700 che divide in due grandi cortili il complesso dei rustici: aie, barchesse, stalle e magazzini.
Puppi nel libro Andrea Palladio riporta alcune referenze darchivio che provano limpegno del Palladio per Federico di Serego.
Gli studi più recenti sono del dott. Giulio Zavatta dellUniversità di Verona, che li ha illustrati in più convegni: Quelle di Corte Grande sono pietre che parlano spiega Zavatta Nel 1564, il 23 agosto, Federico Sarego paga Andrea Palladio per avere rivisto il disegno della fabbrica della Cucca. Anche Annibale Sarego, conte a Miega di Veronella, pagò il Palladio per il progetto di una villa, non realizzato, ma documentato nei Quattro libri dellarchitettura. Nel 1565 venne stilata una lista di legnami da costruzione provenienti da Verona e diretti a Cucca per le capriate lignee: si era arrivati al tetto delle barchesse, secondo un modello che il Palladio usò per una coeva fabbrica a Brescia. Sempre nel 1565 abbiamo una lettera di Antonio Maria Serego che attesta che Palladio è partito da Venezia per arrivare a Cucca.
Il rapporto fra i conti veronesi e il Palladio si interruppe, con motivazioni poco chiare: I lavori delle barchesse procedettero fino a 23 archi, ma nel 1567 si fermarono. I Serego poi incaricarono il Palladio di progettare una villa a Cucca: il conte Federico chiese il disegno della pianta e poi gli commissionò anche il prospetto spiega Zavatta. Larchitetto fornisce il disegno della pianta, ma i Sarego non sono soddisfatti, per loro il Palladio ha lavorato alla nicolota e laffare sembra si chiuda. Tramite Giovanni Paolo Porto, nobile vicentino, il Palladio rispose ribadendo che il progetto è fatto in quel modo che si conviene e che non sapia come farlo altrimenti. Così il 7 settembre 1570 Palladio tornò alla Cucca per parlare della fabbrica, visto che i Sarego non si decidevano su cosa costruire. I Sarego risposero sostenendo che erano le maestranze del cantiere a non capire il progetto palladiano, e il grande architetto, forse stufo di tanti tentennamenti lasciò lincarico. Ma la documentazione raccolta dimostra chiaramente la sua opera a Cucca, per cui possiamo dire che le barchesse di Corte Grande sono inequivocabilmente un lavoro del Palladio in terra veronese. Unulteriore prova è una mappa dellArchivio di Stato di Venezia, disegnata nel 1572 da Galesi e Brugnoli: dai dettagli della mappa emerge il muro di cinta della Cucca, sia della Corte che del brolo, era sormontato da un coronamento di merli con delle palle in pietra. Identico a quello realizzato a Fratta Polesine, per la famosa Villa Badoer, che è attestato anche in un disegno di uno dei figli di Palladio conservato a Londra.