Il complesso di Santa Chiara si colloca nel centro storico della città e, rappresentando l’elemento emergente dopo il castello, assume la qualità di monumento e la funzione di grande attrattiva sia come polo culturale che come sito di memoria storica.
La sua localizzazione all’interno del nucleo urbano detto “Borgonovo” risulta particolarmente strategica: infatti, da un lato l’immobile ricade all’interno del centro storico a poca distanza dal castello, dall’altro si presenta come una tappa importante del percorso di memoria storica che il visitatore percorre alla scoperta della città.
E’ un immobile di grande pregio storico-architettonico, la cui origine risale alla fine del XVI secolo e che ha subito nel tempo trasformazioni sia funzionali che sui corpi di fabbrica.
Le fonti bibliografiche (G.Bisogni. Hipponii seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae Civitatis accurata Historia”, Napoli 1710) forniscono una sommaria descrizione dell’immobile, in origine destinato a monastero di Santa Chiara d’Assisi, che risultava costruito grazie al finanziamento di alcune nobili famiglie monteleonesi, tra cui i Pignatelli che furono signori di Monteleone fino alla soppressione della feudalità nel 1806. Inizialmente il complesso era composto da un edificio su due piani, con cortile quadrangolare, delimitato da un portico e affiancato dal corpo separato della chiesa intitolata a Santa Chiara d’Assisi. Quest’ultima, di pianta rettangolare e con copertura a due falde, dalle informazioni contenute negli “Atti delle Visite Pastorali” di alcuni vescovi di Mileto, risulta avesse cinque altari, una modesta sacrestia e già nel 1630 si presentava in stato di abbandono.
Dalle notizie reperite si può ipotizzare che il complesso sia nato come sistema di due corpi di fabbrica: il monastero, su due livelli e con chiostro quadrangolare, e la chiesa con annessa sacrestia che permetteva un collegamento interno tra i due corpi di fabbrica, e posta ad una quota più bassa per la particolare altimetria del sito. Per molti anni il monastero fu sotto la guida delle Badesse Pignatelli, divenendo molto influente per la frequentazione di nobili fanciulle che accettavano la regola dell’Ordine Francescano e con l’apporto di enormi ricchezze.
L’evento determinante per le sorti del monastero fu il disastroso terremoto del 1783, causa di numerose vittime nel territorio di Monteleone, con danni tali sui corpi di fabbrica da spingere la chiusura del polo. Per affrontare il disastroso evento il 4 giugno 1784 fu istituita con Dispaccio Reale la “Cassa Sacra”, a cui era stata affidata la gestione dei beni mobili ed immobili, comprese le rendite dei monasteri e conventi sospesi o aboliti, e si delibera proprio della Cassa stessa Francesco Pignatelli, principe di Strongoli, eseguì l’alienazione di tutte le terre del Monastero di Santa Chiara. Quando nel 1796 la Cassa fu abolita, l’incarico di reintegrare dei propri beni le case religiose in precedenza soppresse fu affidato al marchese di Fuscaldo, e fu nominato Visitatore Ufficiale il marchese D. Tommaso Spinelli. Quest’ultimo, dopo un sopralluogo, valutò eccessivamente costosi e lunghi gli interventi per il restauro del monastero di Santa Chiara, che venne così abbandonato definitivamente e sistemata solo la chiesa e riaperta al culto.
Sancita l’abolizione della feudalità nell’anno 1806 da Giuseppe Bonaparte, divenuto Re di Napoli, Monteleone fu liberata dall’oppressione dei Pignatelli e nel 1808, quando Gioacchino Napoleone Murat assunse il trono del Regno delle due Sicilie al posto del cognato, ordinò la soppressione degli ordini religiosi, conventi e monasteri possidenti (Legge del 7 agosto 1809) con l’espropriazione dei beni demaniali ed ecclesiastici, il monastero di Santa Chiara fu in parte recuperato, divenendo rifugio dei Minimi di San Francesco di Paola, ordine soppresso che aveva perso numerosi monasteri a seguito del terremoto del 1783.