Il rapporto di Matera con il tempo è remoto. La città evoca anche nel nome la memoria di un legame ancestrale con la Terra, mater dal grembo cavo e fecondo, il cui liquido amniotico è l’acqua. Anche la grotta, che è alle origini della sua forma abitativa rupestre, richiama la profondità uterina di un luogo mataios ólos, tutto vuoto. L'etimo incerto, però, riporta al tema greco mata/meta, nel significato di roccia, cumulo di sassi e sasso di figura conica o piramidale, con evidente riferimento al paesaggio.
Elemento geofisico condizionante l’intera morfologia dell’area è la stretta e profonda incisione naturale della Gravina di Matera. Nella parte centrale orizzontale e più elevata la città è caratterizzata dallo sperone della Civita (410 m. s.l.m.), dominante il Sasso Barisano a Nord e il Sasso Caveoso a Sud.
Per essere il segno materiale di un’intensa pagina di storia della civiltà umana, le cui testimonianze storico-archeologiche e antropologiche datano dall’epoca preistorica e protostorica, il complesso dei Sassi con l’Altipiano Murgico è stato acquisito nel 1993 alla World Heritage List, la Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, avendo costituito negli anni Cinquanta del Novecento il polo di una tensione culturale e progettuale che vide in Matera una sede emblematica di sperimentazione urbanistica e in Adriano Olivetti, Ludovico Quaroni, Luigi Piccinato, Carlo Aymonino ed altri, illuminati interpreti.
I Sassi e il Parco Archeologico e Storico Naturale delle Chiese Rupestri si configurano come un esempio di paesaggio culturale in cui l’opera della natura e dell’uomo appaiono straordinariamente coniugate. L’insediamento si organizzò muovendo dall’esigenza di utilizzare in modo ecosostenibile acqua e terra, le due risorse necessarie alla vita.
È dunque l’acqua un elemento connaturato a Matera e la città scavata, che si estende sotto il cuore del centro storico, Piazza Vittorio Veneto, ne è la più evidente materializzazione visiva. Una città d’acqua e di pietra, una realtà nuda dove la mano operosa dell’uomo ha impresso una complessa trama di segni, che sono appunto canali e cisterne, palombari e pozzi.
Materia lapidea caratterizzante il territorio è la calcarenite, una roccia non stratificata, tenera e porosa, facilmente scavabile. Le grotte riproducono tipologie elementari: due muri sostengono una volta a botte e il fondo è dato dalla roccia stessa. Un solo vano a cui se ne affianca o se ne sovrappone un altro, secondo una composizione di volumi scavati nel tufo o costruiti all'esterno.
Dall’Alto Medioevo alla seconda metà del Novecento il complesso urbano della Civita e dei Sassi si espanse fino alla saturazione dello spazio vivibile. Gli ambienti utilizzati a scopo abitativo e di servizio erano disposti a schiera o a corte. Anche oggi appaiono come una densa stratificazione di grigi che nascondono composite articolazioni di case, di strade, di anse. La visione d’insieme suggerisce l’immagine di un labirinto ricco di percorsi che si offrono allo sguardo di chi cammina come alternative percorribili.
Risalgono al Cinque/Settecento i primi segni di un’evoluzione urbanistica proiettata oltre i Sassi. Nell’Otto e Novecento la struttura sociale e quella urbanistica della città si modificarono ulteriormente, mentre si accentuavano l’incompatibilità e la distanza fisica ed economica tra le due aree sociali dei Sassi e del Piano. Le energie finanziarie messe in moto negli anni Cinquanta dalla Legge n. 619/52, vennero orientate e impiegate prevalentemente per ‘edificare’ i nuovi quartieri periferici dove furono trasferiti gli abitanti dei Sassi. L’affermarsi di una linea di alta tensione culturale nei confronti della salvaguardia e valorizzazione complessiva dei Sassi portarono all’approvazione della Legge n. 771/86 tesa al recupero non soltanto architettonico, urbanistico e ambientale, ma anche economico, dei Sassi, guardando alla città come bene culturale globale [Rosalba Demetrio].