La chiesa di S. Giulio di Cravegna era regolarmente funzionata dai parroci di Crodo. Per talune funzioni era però norma recarsi alla parrocchiale di S. Stefano. Con l’andare del tempo tuttavia la chiesa di S. Giulio e la comunità di Cravegna e Viceno che gravitava su di essa, acquisirono alcuni diritti che prepararono alla separazione e che erano giustificati dalla distanza e dalla difficoltà di recarsi fino a Crodo per ricevere i sacramenti o seppellire i morti.
Molto presto attorno alla chiesa di S. Giulio sorse il cimitero. Tuttavia la notizia certa più antica, al riguardo, si trova in un documento dell’aprile 1291; in esso infatti si parla per la prima volta della chiesa di S. Giulio e del suo cimitero. Si tratta del testamento di certo Demeldeo di Viceno che lascia alcuni legati pro anima i quali ci illuminano sugli usi del tempo e ci danno qualche notizia sulle chiese esistenti in Valle Antigorio. Il Signor Demeldeo infatti lascia 20 soldi imperiali, ed è una somma cospicua, alla chiesa di S. Giulio di Cravegna per la sua illuminazione durante i divini uffici, e sei soldi imperiali per comperare una zappa ed un badile da assegnare alla stessa chiesa, per la sepoltura dei morti. Lascia ancora cinque soldi per dotare sette donne da marito e due soldi per la fabbrica della chiesa di 5. Giulio. Ci sono anche legati ad altre chiese della valle Antigorio: tre soldi imperiali a 5. Stefano di Crodo, dodici denari a 5. Martino di Braccio (Verampio), sei denari a S. Gaudenzio di Baceno e sei denari a S. Bernardo dei DeRodis di Premia. Tutto questo al fine che « la sua anima possa partecipare dei benefici e delle prèghiere fatte in queste chiese. Dunque nel 1291 la chiesa di S. Giulio di Cravegna non solo esisteva da tempo, ma aveva anche il suo cimitero. Se le difficoltà del trasporto dei cadaveri da Cravegna a Crodo possono aver indotto abbastanza presto a seppellire presso la chiesa di S. Giulio, solo più tardi, sia da parte dei Cravegnesi che da parte degli stessi parroci di Crodo, si sentì la necessità di derogare ai diritti battesimali della chiesa plebana di Crodo ed amministrare il battesimo anche in quella di 5. Giulio. Fu così che, su richiesta del popolo di Cravegna e di Viceno, il vescovo di Novara Giovanni de Urbe detto anche Capogallo, il 2 novembre 1404, trovandosi nel castello episcopale del borgo di Domo, senza derogare ai diritti della chiesa di S. Stefano di Crodo che restava sempre la chiesa parrocchiale, ma per la sola comodità del popolo di Cravegna e Viceno ed anche dei parroci di Crodo, concesse a questi ultimi il permesso di battezzare i bambini delle due comunità nella chiesa di 5. Giulio. Di questa chiesa romanica resta ancora una preziosa immagine della Madonna, dipinta come si dirà nel 1483 sulla facciata che, dopo una serie di eventi miracolosi e risalenti al 1493, di cui tratteremo più avanti, fu posta all’interno della nuova chiesa, cioè in testa alla attuale navata sinistra. Si sa però che tale immagine fu trasportata dalla facciata all’in terno della chiesa e quindi, probabilmente, l’attuale cappella in testa alla navata sinistra era una cappella laterale aperta nella navata unica sul lato sinistro. Si potrebbe da qui inferire che l’antica chiesa romanica corri sponde grosso modo al tratto della chiesa attuale che va dalla detta cappella a quella in testa alla navata destra dove sta l’altare di 5. Antonio abate.
L’abside è interamente ricoperta di preziosi affreschi Giovanni Battista da Legnano, eseguiti tra il1534 e il 1539