Una facciata dall’andamento ricurvo, oggi spoglia ma un tempo decorata, nasconde un tesoro barocco di stucchi e pitture murali, un gioiello settecentesco che ci racconta una storia di artisti migranti, vescovi munifici, monache di nobile famiglia, antiche dispersioni e misteri ancora insoluti.
Le prime notizie di un antico edificio dedicato a Sant’Anna ad Asti, di cui oggi non restano più tracce, risalgono XIII secolo, mentre l’attuale chiesa di Santo Spirito e Sant’Anna, annessa all’omonimo convento cistercense, fu costruita fra il 1706 e il 1707 e consacrata dal vescovo Innocenzo Milliavacca, il quale ebbe anche un ruolo, ancora da indagare, nella committenza dell’apparato decorativo. Si tratta di una grande chiesa a navata unica, con sei cappelle poco profonde, “tutta adornata di stucho e qualche poco di pittura” (visita pastorale del vescovo Caisotti, 1764). Se il nome dell’architetto non è noto, le fonti riferiscono che le decorazioni sono opera dello “stuccatore di grido” (Boatteri, 1781 circa) Antonio Catenazzi da Mendrisio mentre gli affreschi, oggi in buona parte scomparsi, furono commissionati ai pittori Bianchi e Ferrari. Nel pieno Settecento la chiesa era decorata con dodici statue in stucco più grandi del vero che rappresentavano le virtù e i doni dello Spirito Santo, alle pareti e sugli altari figuravano quadri con i soggetti legati alla storia della chiesa e dell’ordine religioso, come Sant’Anna, la Regina Teodolinda che dona un lembo della veste della Vergine alle monache, la Madonna che allatta San Bernardo, mentre l’altare maggiore in marmi policromi racchiudeva, fra le colonne tortili e le decorazioni vegetali dell’alzata, una tela con la Pentecoste.
Nel 1785 venne smantellato parte dell’apparato decorativo in stucco, in particolare le dodici grandi statue, per fare spazio alle pitture murali dedicate ai profeti ad opera di Vincenzo Bosio. Nel 1802, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi operata da Napoleone, il patrimonio artistico subì un’ingente dispersione e delle tele e degli altri arredi si persero le tracce.
Divenuto demaniale a partire dall’inizio dell’Ottocento, il complesso monastico di cui fa parte la chiesa di Santo Spirito e Sant’Anna cambiò negli anni destinazione, prima Real Casa degli Invalidi quindi caserma “Carlo Alberto”, struttura che fu utilizzata fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. In questo contesto storico, la chiesa è stata descritta come un locale abbandonato e come “nido di ragni e dei pipistrelli” dallo storico Giovanni Secondo De Canis nel 1813-14. Nel Novecento, invece, il locale fu usato come sala di scherma e cinematografo della caserma.
Dopo il 1945 la chiesa seguì il destino della caserma, che venne abbandonata e fu a lungo luogo di abitazione informale fino a quando si vennero a concretizzare importanti progetti di recupero e di rifunzionalizzazione che portarono, dal 2001, l’ex convento a diventare la sede dell’Archivio di Stato di Asti, che comprende nei suoi spazi la splendida chiesa di Santo Spirito e Sant’Anna, un tesoro che attende di essere scoperto.