CONVENTO DI SANTA PATRIZIA IN VIA SAN GREGORIO ARMENO

NAPOLI

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CONVENTO DI SANTA PATRIZIA IN VIA SAN GREGORIO ARMENO
Secondo la leggenda, la chiesa fu costruita attorno all’anno 930, nel luogo dove sorgeva una chiesa fatta edificare da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, dove si trovavano le rovine del tempio pagano dedicato a Cerere. In questo posto, nell’VIII secolo, le monache di S. Basilio, fuggite dall’oriente con le spoglie di San Gregorio, fondarono il complesso monastico, che nel 1009 fu unito tramite un cavalcavia, a quello di San Pantaleone e San Sebastiano. La chiesa di Santa Patrizia, protettrice della città insieme a San Gennaro conserva anche le spoglie della santa insieme a quelle di San Gregorio. L La struttura oggi si presenta con un’elegante facciata costituita nella parte inferiore, da una cancellata a tre arcate e nella parte superiore, quattro lesene tuscaniche a finestroni. Il campanile di San Gregorio Armeno, che grazie al cavalcavia attraversa l’omonima strada, rappresenta uno degli scorci più caratteristici del centro antico di Napoli. L’interno della chiesa, di impianto cinquecentesco, presenta una navata unica e cinque cappelle laterali ricche di fantastiche decorazioni barocche. Risalta subito all’occhio il soffitto a cassettoni, voluto dalla badessa del convento Beatrice Carafa e realizzato nel 1580 dal pittore Teodoro d’Errico. Suddiviso in venti scomparti, contiene sedici tavole narranti la vita dei Santi le cui reliquie sono custodite nel convento. Gli affreschi del ‘600 con le Storie di San Gregorio Armeno e San Benedetto, sono di Luca Giordano, mentre l’altare maggiore è di Dionisio Lazzari. Con il concilio di Trento la chiesa subì pesanti riforme fra cui l’istituzione di penitenze obbligatorie. Vennero introdotte le cosiddette “Scale Sante” che le monache dovevano salire in ginocchio tutti i venerdì di marzo. La scala di San Gregorio Armeno fu aggiunta all’interno della chiesa nel 1692 e si trova a sinistra dell’altare maggiore. All’interno della struttura presenti anche le famose “ruote”, unici mezzi di comunicazione utilizzate per il passaggio di cibi e di vestiario. Nella prima è conservata una tela di autore ignoto raffigurante l’Adorazione della Vergine, nella seconda, la Cappella dell’Idria, sono presenti 18 tele di Paolo de Matteis raffiguranti Storie della Vergine. Questa struttura rappresenta l’unico reperto del convento medioevale. Presenti anche in questa zona del chiostro il refettorio e l’antico forno utilizzato con dimestichezza dalle monache di San Gregorio, esperte come si racconta, soprattutto nella produzione di sfogliatelle. Fra gli ambienti presenti, troviamo il Coro delle Monache, il Corridoio delle Monache e il Salottino della Badessa, in stile rococò. Il chiostro è dotato anche di un pozzo, che in passato ha rappresentato una via di fuga durante gli assedi, in quanto comunicava con quella che oggi è la Napoli Sotterranea. Sotto il chiostro di San Gregorio Armeno è presente anche una cisterna che dal 1925 divenne la cantina per le dispense delle suore di Santa Patrizia. Le suore in questa cisterna producevano un vino chiamato Tufello agevolate anche dal forte tasso di umidità. Il nome del vino, oggi in produzione, deriva da ‘tufo’, perché fatto invecchiare sotto le cavità di questa pietra. Altra principale caratteristica del chiostro, sono le reti idriche create per usufruire delle acque provenienti dal condotto del Carmignano e quelle piovane. I canali che facevano arrivare l’acqua alle cisterne, vennero collocati su due archi rampanti sollevati tra l’orto e il portico adiacente alla chiesa. Le cisterne, furono rese accessibili attraverso il passaggio da una finestra. La data di fondazione del chiostro è piuttosto sconosciuta, ma da alcune fonti pare che esso esistesse ancora prima del XI secolo. Per molti anni il chiostro è stato negato alla cittadinanza comune e soltanto nel 1922 fu riaperto a tutti, quando la clausura fu abolita.
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