CHIESA DI SANTA CATERINA AL FORMIELLO

CHIESA DI SANTA CATERINA AL FORMIELLO

NAPOLI

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CHIESA DI SANTA CATERINA AL FORMIELLO
L'attuale complesso sorge su di una precedente e più piccola chiesa dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, vergine e martire, costruita sul finire del Quattrocento assieme all'annesso convento affidato inizialmente al governo dei frati celestini. La chiesa era sin da subito detta "a formiello" (dal latino ad formis, ossia presso i condotti, presso i canali) in quanto nei suoi pressi penetrava in città l'antico acquedotto della Bolla, acquedotto che fu poi totalmente sostituito verso la fine del XIX secolo dall'attuale in uso, quello di Serino. L'intero complesso religioso insisteva nella zona limitrofe orientale della città, a ridosso di porta Capuana e Castel Capuano, comunque entro la nuova cinta muraria aragonese che allargava lo spazio urbano antico. La chiesa custodisce sin dalla sua fondazione le reliquie appartenenti ai celebri Martiri d’Otranto, uccisi dai Turchi il 14 agosto 1480 per non aver rinnegato la propria fede. Alfonso II di Napoli, duca di Calabria, traslò a Napoli nel 1492 i corpi dei martiri e li collocò inizialmente nella chiesa della Maddalena, in quella occasione rinominata Santa Maria dei Martiri, in quanto era in quel periodo inutilizzata. Quando le monache della Maddalena fecero ritorno nel loro convento, le spoglie dei martiri furono quindi trasferite, probabilmente già nel 1497, nell'antica chiesetta di Santa Caterina e poste in una sorta di piccola cappella in laterizio sostenuta da angeli di marmo. In questa fase la città era guidata da re Federico d'Aragona, col quale iniziava per la chiesa di Santa Caterina una nuova e più ricca storia; egli infatti la concesse nel 1499 ai padri domenicani della Congregazione riformata di Lombardia, che ricostruirono l'attuale edificio sacro e lo tennero senza interruzione fino al 1806, quando fu decretata la soppressione del monastero per volontà di Gioacchino Murat. La costruzione della nuova chiesa, con chiari influssi toscani, avvenne dunque agli inizi del Cinquecento su un progetto attribuito ad Antonio Fiorentino della Cava. La nuova chiesa assunse sin dal principio l'aspetto che tuttora ha; testimonianza di ciò è la mappa della città del 1566 di Dupérac-Lafréry, che mostra la chiesa già simile a come poi sarà completata ventisette anni più tardi, nel 1593. Nel 1659 fu rifatto il portale marmoreo principale, ornato con la statua della santa titolare e interamente opera di Francesco Antonio Picchiatti.Verso la fine dello stesso secolo e fin anche la prima metà del Settecento la navata subì radicali restauri che tuttavia non ne modificarono le linee rinascimentali architettoniche, ma videro sovrapporsi ad esse decorazioni scultoree e pittoriche di gusto essenzialmente barocco. Le pitture e gli affreschi dell'interno appartengono tutti essenzialmente a questi due secoli e furono eseguiti da autori quali Luigi Garzi, Paolo De Matteis, Santolo Cirillo, Guglielmo Borremans, Giacomo del Pò e da Giuseppe Simonelli; le opere scultoree sono databili tra il XVI e il XVIII secolo e appartengono invece ad Annibale Caccavello, Pietro Benaglia, Giovan Battista Colombo e Matteo Bottiglieri. L'impianto rinascimentale dell'edificio, che quindi non venne mai alterato rispetto all'originale cinquecentesco, venne da sempre molto apprezzato dalla critica locale; nella guida di Napoli scritta nell'anno 1724. Nel corso dell'Ottocento, ci fu prima la soppressione dell'Ordine domenicano avvenuta nel 1806 per volere di Murat e poi, a partire dal 1815, per volere del nuovo re di Napoli Ferdinando I delle Due Sicilie, gran parte del monastero fu riadattato a nuovi usi, tra cui quello di lanificio militare. Nei 1901 invece le reliquie dei Martiri di Otranto furono un'altra volta spostate, trovando definitiva ubicazione all'interno della quarta cappella di sinistra della chiesa.
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