La chiesetta di San Nicolò della Richinvelda è entrata nella storia per aver accolto le spoglie del patriarca di Aquileia, il francese Bertando di Saint Geniès, dopo il suo truce assassinio, avvenuto nella piana della Richinvelda.
La prima costruzione risale al XIII o XIV secolo ed era probabilmente composta dall'atrio, da un'aula rettangolare e da un'abside semicircolare. Elementi ancora visibili di tale costruzione, oltre ai muri perimetrali di spessore diverso, sono le due finestrelle nella parete sud dell’aula, leggermente strombate all'esterno con stretta apertura quadrangolare, che riflettono gli schemi romanici. L'edificio è stato rimaneggiato più volte fino a diventare una struttura allungata nella quale felicemente si saldano atrio, aula, presbiterio e sacello dedicato al Beato Bertrando, raccordati idealmente all'esterno dall'agile motivo degli archetti pensili che corrono sotto il filo di gronda. Delle più antiche pitture che affrescavano l'esterno ora rimane il lacerto di un affresco quattrocentesco con S. Cristoforo e il Bambino sulla parete sud.
L'altare della chiesa, tutto in pietra, dedicato a S. Nicolò, è opera del più conosciuto lapicida del tempo, il lombardo Giovanni Antonio da Carona detto il Pilacorte (1455-1531). Realizzato nel 1497 consta di un'ancona tripartita da quattro lesene ampiamente decorate e architravate, sulla quale si imposta una lunetta ad arco ribassato del tipo presente nelle opere dei maestri toscani del Quattrocento. Nei tre scomparti trovano posto sculture fortemente aggettanti con San Nicolò, a sinistra, la Madonna col Bambino, al centro, e San Fortunato, a destra, mentre nella lunetta compaiono i simboli degli Evangelisti. Sovrasta il tutto il mezzobusto del Padre Eterno benedicente. Le figure, piuttosto tozze e sommarie nel modellato, appaiono statiche, anche se la resa dei panneggi dimostra una certa ricercatezza e la volontà di suggerire un certo movimento.
Il paliotto lapideo sottostante è del sec. XVII (fino a qualche decennio fa era leggibile la data 1667) ed è formato da una lastra decorata a bassorilievo con una grande croce al centro entro figure geometriche in rilievo circondata da una larga fascia decorata con tralci di vite. Eseguito per l'altare maggiore della chiesa di S. Giorgio, dove si conserva la balaustra con analoghi motivi, va attribuito ad un maestro della famiglia di lapicidi medunesi Ciotta.
La navata e il coro, decorati nel 1901 ad opera del pittore udinese Antonio del Toso, alternano motivi decorativi geometrici a scene figurate e, nelle pareti laterali dell’aula, sono narrati due episodi della vita del Beato Bertrando: La Carità del Beato Bertrando e la sua Uccisione, ispirate a tavolette medioevali conservate nel Duomo di Udine.
Nella cappella dietro il presbiterio, trova posto sul pavimento un’area rettangolare, delimitata da una cornice lignea, che indica il luogo in cui il Patriarca Bertrando spirò. Nella parete si legge l'epigrafe: "HIC INTERFECTUS FUIT BERTRANDUS PATRIARCA AQUILEJE(NSIS) IN PARTUS VIRGINIS M3L OCTAVO ID JUNII…". Tale iscrizione, un tempo, si trovava sull'antico cippo eretto sul prato circostante, nel punto in cui il Patriarca fu colpito a morte dai suoi nemici. Fu collocata all’interno nel 1950 per sottrarla all’usura del tempo.
Nel 1894 venne ordinata l'esecuzione, completata nell'anno successivo, di un piccolo obelisco in stile neogotico in sostituzione di un cippo precedente, e solo una parte dell'antica iscrizione è stata incastonata nel nuovo monumento. Alcuni storici presumono che tale frammento possa risalire a pochi anni dopo la morte del Patriarca.