Distrutta la primigenia parrocchia dalla terribile eruzione del 16/17 dicembre del 1631, l'Università di Portici decise di erigerne una nuova impiantandola su un suolo già in suo possesso denominato lo Petruso.
I lavori, iniziati nella primavera del 1632 sotto la guida dei "capomastri fabbricatori" Francesco Antonio Gisolfo di Napoli e Giovanni Battista Conte di Portici, durarono circa dieci anni, nei quali "si dimostrarono impegnatissimi tutti i cittadini, chi con danari, chi con oro, chi con argento e chi con le loro corporali fatiche." Nell'atto di fondazione i porticesi, per mantenere lo "Jus Patronato", si erano impegnati a spendere trecento Ducati l'anno.
La nuova chiesa, inaugurata il 9 maggio 1642, era costituita da una navata centrale impostata su pianta rettangolare e si sviluppava su tre campate ottenute con due file di pilastri semplici ed archi traversi. Le navate laterali accompagnavano in sottordine questa situazione con una predisposizione a sei cappelle.
Nel 1666 fu posta, dietro l'altare in legno intagliato, la pala dipinta da Luca Giordano raffigurante la Natività di Maria Vergine.
Nel 1739 i porticesi sentirono la necessità di adeguare la loro chiesa alle nuove realtà del Casale che con la elevazione a "Real Villa di Portici" era divenuta meta e dimora ogni giorno di nobili, cortigiani, ambasciatori e numerosi forestieri. L'incarico di abbellire ed ampliare la chiesa fu affidato all'ingegnere Domenico Antonio Vaccaro (Napoli 1678 - 1745) il quale progettò la realizzazione di due corpi di fabbrica: uno posteriore comprendente l'arco di trionfo e la cupola, che non c'era, ed uno laterale per la nuova sagrestia. I lavori effettuati tutti a spese dell'Università, furono iniziati nel 1740 e riguardarono contemporaneamente quasi tutta la chiesa
Altri lavori di ampliamento ed abbellimento furono intrapresi nel 1758, allungando le navate verso le odierne tre porte poste sulla piazza (a danno della bella scalinata esterna), iniziando la costruzione della tribuna per l'orchestra, realizzando un bel pulpito di marmo, ed affiancando alla facciata, che doveva essere in stile bizantino, due campanili che furono portati a termine nel 1767. Data la diffusione del culto per San Ciro a Portici in seguito ad una spaventosa carestia e pestilenza (1763) per cui la popolazione, dopo aver raccolto i voti, si prodigò presso papa Pio VI affinché il Santo fosse stato dichiarato Patrono principale di Portici (richiesta concessa nel 1776), nel campanile sinistro venne collocata la macchina dell'orologio che dal 1630 si trovava nella torre della chiesa semidistrutta dall'eruzione e sul campanile destro invece vi fu dipinta una meridiana (1765). Complessivamente si erano stabiliti sette altari, tutti realizzati con preziosi marmi policromi. Tra essi rifulgeva quello maggiore ornato lateralmente da due stupendi putti in "cornu epistulae" di marmo fino bianco; dietro quest'ultimo fu nuovamente sistemata la pala del Giordano. La cupola, posta alla fine della nave maggiore e dotata di otto finestroni, donava nuova luce a tutta l'area del presbiterio.
La chiesa fu rifatta per ordine sovrano dall'aprile del 1853 all'aprile del 1858. Responsabile dell'andamento dei lavori l'ingegnere Stefano Coscia con la supervisione del Comm. Francesco Del Giudice e del sindaco Fortunato Grimaldi, essendo la chiesa di "jus patronato".I numerosi restauri cancellarono l'originaria decorazione del Vaccaro.
Con i lavori di restauro e decorazione esterna ed interna di tutta la basilica, effettuati tra il 1923 ed il 1928 con l'intervento dell'ingegnere Gaetano Cappa, la chiesa subì un ulteriore trasformazione. La nuova decorazione interna, che è quella che possiamo osservare ancora oggi, non ha particolare valore artistico.
A ottobre 2017 è stata poi aggiunta l'icona della Beata Vergine Maria dell'Ascolto.