Il Complesso monastico basiliano di Santa Maria del Patire è un edificio di epoca bizantino-normanna dell’inizio del XII secolo.
E’ situata in località Ronconiate, detta anche il “Luogo dei Padri” nel comune di Corigliano Rossano (terzo comune della Calabria per densità abitativa) in una posizione strategica e di grande fascino: al centro tra le due aree urbane, posta su un pianoro tra la valle del Cino e il vallone degli Aranci, immersa tra i boschi dell’ultimo lembo della Sila Greca a ridosso dell’oasi naturalistica dei Giganti di Cozzo del Pesco(possenti castagni secolari) a m 602 di altezza e con affaccio sulla piana di Sibari e quindi sul mare Ionio.
Il magnifico monumento presenta i caratteri dell’arte basiliana con decorazioni a tarsie marmoree policrome. Nell’annesso e prestigioso scriptorium vennero redatti centinaia di manoscritti che permisero la diffusione della cultura religiosa e classica, molti dei quali sono custoditi nella Biblioteca Vaticana.
L’istituto monastico orientale ebbe una grande fioritura e si trasformò in un centro attivissimo di vita religiosa, culturale economica e di divulgazione del sapere, oltre che una vera e propria gestione feudale.
La Chiesa di Santa Maria del Patire unitamente al monastero fu edificata tra il 1100 e il 1105, dal monaco e sacerdote basiliano San Bartolomeo da Simeri per creare una “scuola di anime” e dare una regola ai tanti monaci eremiti che lo seguivano.
Originariamente dedicato a Santa Maria nuova Odigidria fu conosciuto con il nome di Patir cioè monastero del Padre. Fondamentale per l’edificazione fu il favore dei normanni che, avendo conquistato con prepotenza il sud Italia e volendo loro imporre il rito latino cercarono di accattivarsi il clero e la popolazione con generose elargizioni a loro favore. Furono proprio i monaci basiliani a trasformare il volto della Calabria, non soltanto dal punto di vista religioso, ma anche culturale ed economico. Con i basiliani la Calabria diventò un vero focolare di civiltà: fiorirono le arti, le lettere, gli studi filosofici, la patristica, l’ innografia e l’ agiografia.
La Chiesa ha una pianta rettangolare, divisa in tre navate da due file di colonne cilindriche che hanno una base ionica e sono sprovviste di capitello. Le navate terminano con tre absidi semicircolari che rappresentano la parte più interessante dell’edificio oltre che la più antica (la costruzione venne iniziata sotto il ducato di Roberto il Guiscardo quando la Calabria non era ancora sotto il dominio del fratello il gran conte Ruggero). Tali absidi, di cui la centrale è più alta e più ampia, si innalzano maestose sopra un basamento liscio; sono solcate da cinque archeggiature ciascuna formata da conci di pietra e laterizi che si alternano, nei sott’archi sono presenti dei tondi decorati a intarsio a forma stellare di diversa composizione, formate da pietre gialle e nere. La parte che sovrasta le archeggiature è caratterizzata da una fascia decorata con rombi di colore giallo e nero alternato. Infine, sorretto da mensole, appare il cornicione aggettante della copertura con tegole. Si tratta della prima decorazione muraria a intarsio policromo in Calabria, di derivazione campana. Altra decorazione dello stesso tipo è presente nella ghiera della porta laterale sud.
Inoltre, e non di minore importanza, è il pavimento musivo, in opus tesellatum, all’interno della Chiesa fatto eseguire dall’abate Biagio nel 1152, (come attesta la scritta), che un tempo ricopriva un terzo della superfice e ne costituisce all’interno l’attrattiva più suggestiva.
Sono rappresentati animali mitologici e figure zoomorfe racchiusi in rotae arricchite da fregi di diversa foggiatura che misurano m 2.30 di diametro quelle della navata centrale, m. 1.20 e 1.30 quelle davanti alla porta nord. Negli spazi tra le rotae sono rappresentati un’oca ,una sirena ed altri fregi della pittura vascolare attica nera e rossa del V secolo.