Il prospetto principale della chiesa del Carmine, preceduto da un sagrato e da un’ampia gradinata che eleva l’ingresso ad una quota leggermente superiore rispetto alla strada, si affaccia su corso Cefalonia all’altezza del rinascimentale palazzo Vitali Rosati. L’origine della primitiva chiesa, chiamata Santa Maria Novella della Carità, di dimensioni molto più piccole, di cui è ancora visibile l’abside decorata da architelli pensili nella parte rivolta verso il Girifalco, risale alla prima metà del XIV secolo; la sua edificazione è strettamente collegata alla nascita dell’ospedale della Fraternita laico religiosa insediatasi nella contrada di San Bartolomeo nel 1341; nel 1393 rivestiva già una notevole importanza, se il vescovo Antonio De Vetulis concedeva l’indulgenza a chi la visitava in occasione della festa dell’Assunta. Nell’anno 1415 la chiesa aumentava il suo prestigio acquisendo il lascito del feudo della Rocca Montevarmine da parte di Matteo di Buonconte marchese di Massa, ed il suo potere e la sua solidità economica sono testimoniati dalla quantità e dal tipo di proprietà edilizie e mercantili (case, botteghe, orti, spiazzi, lotti edificabili e la torre ora detta Matteucci) censite nel quattrocentesco catasto descrittivo della Contrada di San Bartolomeo. L’edificio fu ampliato nel 1491, restaurato nel 1688 e infine, con l’intervento effettuato dall’arch. Pietro Augustoni, nel 1794 assunse le dimensioni e l’aspetto attuale. L’edificio venne allungato verso est fino ad occupare parte dell’area urbana detta “piazza della Fraternita” situata nel punto in cui il Corso (nel catasto quattrocentesco denominato “Strada”) si allargava creando, tra la chiesa di San Bartolomeo e quella di Santa Maria Novella, lo slargo che costituiva il centro sociale e mercantile della contrada. Ulteriori interventi furono effettuati nel 1854. Nel 1973 furono rimossi gli altari laterali, con il conseguente rinnovamento delle decorazioni eseguito da Tullio Ricci ed il rifacimento della pavimentazione in cotto. I prospetti laterali della chiesa sono inglobati ad est dal palazzo che ospita l’Università dei Beni Culturali ed in buona parte ad ovest dal Collegio degli Artigianelli. L’abside, rivolta a sud, è incastonata nella scoscesa area verde sottostante al Duomo ed è percepibile affacciandosi dalle finestre del Museo Arcivescovile sito nella parte alta del Girifalco. Della chiesa, quindi, è visibile solo il prospetto principale, così descritto nella Guida del Maranesi della prima metà del Novecento: “La facciata, spaziosa, in laterizio e lesene in travertino, con le volute che raccordano l’attico con le ali, è imponente”. Dell’interno sempre il Maranesi scrive: “…l’interno basilicale, a tre navate diviso da colonne ed archi a tutto sesto, fu decorato con partiti ornamentali a chiaroscuro e con dorature nel 1934 dal fermano Luigi Bracalenti. Nell’altare maggiore … s’ammira la Natività, dipinta da Giambattista Gaulli detto il Baciccio (1639-1709) della scuola seicentesca genovese.” All’interno della Chiesa è custodito un organo a trasmissione meccanica di tre tastiere del 2014 ad opera dell’organaro Andrea Zeni di Tesero (TN), in uso al Conservatorio statale di musica “G. B. Pergolesi” di Fermo. L’organo è dotato di grand’organo (I tastiera), positivo (II tastiera), recitativo (III tastiera) a 58 tasti e pedale a 30 tasti, con comando dei registri a pomello ed è stato realizzato in legno di abete laccato e decorato da specchiature a rilievo sulle facciate laterali con fregi ornamentali intagliati (in attesa di doratura), consolle a finestra con tastiere a sporgere rispetto al fronte cassa, tastiere con tasti diatonici ricoperti di ebano e cromatici di osso di bue e modiglioni laterali delle tastiere decorati con intarsi geometrici in ebano e osso di bue.