CHIESA DEI SANTI MARTIRI GIAPPONESI

CIVITAVECCHIA, ROMA

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CHIESA DEI SANTI MARTIRI GIAPPONESI
Nel 1860 il porto di Civitavecchia era il più importante di tutto lo Stato Pontificio ed era consuetudine per i religiosi che partivano in missione sostare nell’accogliente cittadina. In particolare erano i Frati minori a rimanere in città e ben presto imposero l’esigenza di trovare un luogo che facesse loro da punto di ritrovo e di riferimento. Lungo la via Aurelia, a circa un chilometro dal porto, nella zona costiera chiamata delle “quattro porte” era disponibile un terreno; così Padre Tommaso da Roma, in qualità di Ministro Provinciale dei Frati Minori ne fece richiesta al Vescovo diocesano Mons. Camillo Bisleti, che concesse l’area ai religiosi a patto che questi ultimi si assumessero l’onere della futura parrocchia da erigersi nella loro chiesa, come previsto nel piano di sviluppo della città. Venne richiesto, come da statuto, il nulla osta del Pontefice Pio XI per coprire le ingenti spese della costruzione del convento, padre Tommaso chiese al Santo Padre di poter utilizzare il residuo delle elemosine, raccolte per la causa di canonizzazione dei Santi Martiri Francescani del Giappone che la mattina del 5 Febbraio del 1597 vennero barbaramente trucidati nel campo di grano di Nishizaka, la più dolce collina di Nagasaki. La futura Chiesa sarebbe stata dedicata proprio a loro. I lavori si protrassero per oltre 8 anni e il 13 Giugno del 1872, in occasione della festa di S.Antonio da Padova, la chiesa (con annessa una parte del convento, quella che si affacciava sulla strada) venne consacrata e i frati francescani Minori fecero il loro ingresso ufficiale nella realtà ecclesiastica del luogo. La chiesa brillava per la semplicità: le decorazioni erano realizzate in stucco, il pavimento in marmo bianco e bigio di Carrara, il pulpito e il baldacchino in noce; i due confessionali, la cantoria e il coro in abete di Moscovia. Per gli altari del presbiterio e delle cappelle laterali si utilizzarono dei quadri presi da altri conventi o forse acquistati sui mercati di antiquariato. La chiesa non vantava, pertanto, opere d’arte di particolare valore, ma lentamente e con enormi sacrifici iniziarono a comparire quadri e suppellettili sacri di fattura artigianale. Durante la Prima Guerra mondiale la chiesa fu ceduta quasi integralmente e gratuitamente alla Croce Rossa, che la adibì ad ospedale. Finita la guerra vi fu posta una colonia marina e infine nel 1923 una buona parte fu affittata al personale della locale stazione ferroviaria. La storia della Chiesa, breve ma intensa, sembrò concludersi con il tragico bombardamento che si abbattè sulla città alle ore 11.30 del 30 Agosto 1943. La Ricostruzione fu avviata nell’immediato dopoguerra, il 4 Ottobre 1950 la nuova chiesa fu inaugurata e consacrata. La chiesa dei santi Martiri Giapponesi è stata interamente ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. Il 4 Ottobre del 1950 fu inaugurata e consacrata la nuova chiesa dei santi Martiri Giapponesi, la quale dava l’impressione di essere troppo spoglia. Il dottor Agostino Kanayama incaricato dal Giappone presso la Santa Sede, lo notò immediatamente. In un primo tempo pensò che potessero andar bene i 26 quadri dei martiri Giapponesi massacrati nel 1597, esposti nella mostra di arte sacra missionaria che era stata organizzata in occasione dell’anno santo. Ma, vista l’impossibilità di raccogliere fondi necessari per l’acquisto dei quadri, pensò che sarebbe stato più economico e interessante far affrescare direttamente le spoglie pareti da un artista Giapponese. Per una felice coincidenza negli ultimi mesi di quell’anno santo venne a Roma il Professor Luca Hasegawa per deporre ai piedi del Pontefice l’omaggio degli artisti cattolici giapponesi. Il pittore iniziò il ciclo di affreschi destinati a ricoprire completamente le pareti dell’abside della chiesa, l’inaugurazione dell’opera avvenne il 10 Ottobre del 1954.
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