Fino a poco tempo fa un cartello conduceva qualche disperso turista a chiedersi
dove mai fosse quel castello del XVI secolo che l'indicazione prometteva.
Immaginando così un altro castello in terra di Langa, dove già aveva visitato
Serralunga o Grinzane o persino Prunetto.
Ma noi di Lequio siamo un po' speciali: noi abbiamo il Castello che non c'è.
Certo nei tempi andati, recitano le storie, su quella piccola acropoli - un
pianoro sottostante e, a salire, un aereo poggio- ci fu un castello e magari è
pur vero che fosse collegato a quello di Borgomale.
Chi sa poi se le scarse pietre che qua e là incidono l'erta ne sono i
lontanissimi relitti e se cunicoli e grotte ne attraversano il ventre.
A noi proprio non importa, perchè il Castello a Lequio è il luogo dove tutti
siamo andati a muovere i primi passi , a giocare, a flirtare.
Prendere il sole ascoltando musica. Leggere o studiare. Incontrare la sera o a
buio qualcuno più caro degli altri. Veder cadere le stelle la notte di
S.Lorenzo. E contarle, insieme ai desideri, una ad una.
Ma anche se voi non ci siete stati, immaginatene i 715 m. di altezza, proprio
sopra il paese: la prima veduta è il panorama-cartolina, immutata negli anni. E
poi, più in alto e intorno, c'è l'universo mondo: i miei bricchi, i paesi di
Langa che a Pavese apparvero nidi di stelle sotto il cielo.
Noi guardiamoli invece nella luce tersa di una mattina invernale: Serravalle,
laMorra, Diano, Benevello,Castino, più lontani Roccaverano e S.Giorgio Scarampi,
Bosia e Bergolo sotto il Todocco.E ancora lo sguardo può spaziare dal nord in
direzione di Torino al sud del Monte Beigua di Liguria, ma soprattutto la linea
netta delle Alpi, dall'inconfondibile Monviso al Cervino e al Monte Rosa. E' dal
Monviso che ogni sera il sole del tramonto sfolgora la sua luce più bella.
Ci sono, sul Castello alto tre dei piloni di un'antica Via crucis che
raggiungiamo devoti il venerdì santo; in mezzo ad essi s'inalzava in epoca
mussoliniana il fascio, ora una Croce degli anziani della Ferrero.Intorno alti
abeti: la luna sovrana che trascorre e naviga tra le loro fronde è uno
spettacolo da non perdere. Se scendete, ecco gli ippocastani amici da sempre, in
autunno il manto spesso delle foglie a terra, nell'avanzare dell'anno la neve
dove imprimere orme e memorie; ma prima vi hanno preceduti lievi un gatto
guardingo o le gazze ballerine.
C'è infine, al margine, un altro bianco: è la figura di un Angelo, volto dolce e
paziente. Sta lì da tanto tempo. Un'estate di qualche anno fa ha però perso
un'ala: il genius loci era lontano e non ha potuto impedirlo. Ma è bellissimo
anche così: reso forse più malinconico, ma ancora capace di vigilare e di
tollerare; e di restituirci l'innocenza, se la meritiamo.
Donatella Montanaro, Savona - Lequio Berria.