CASTEL MANFRINO

VALLE CASTELLANA, TERAMO

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CASTEL MANFRINO
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Castel Manfrino Al confine tra Marche e Abruzzo, nella provincia di Teramo, ubicato nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, sorge il suggestivo Castel Manfrino, così chiamato dalla tradizione storica e popolare che collega il territorio alle imprese di Re Manfredi (1232-1266), ultimo sovrano svevo, figlio naturale e successore di Federico II e di Bianca dei conti Lancia di Monferrato. Addirittura un'arcana leggenda, vorrebbe Re Manfredi sepolto segretamente nella zona. Vero e proprio gioiello dell'architettura militare medievale, l'antico Castrum Maccle si trova in uno dei luoghi più affascinanti e misteriosi dell'intera provincia, al confine con l'ascolano e su uno sperone roccioso che sovrasta le vallate del fiume Salinello. Castel Manfrino (sec. XI-XIII), rocca voluta dal Re svevo Manfredi a guardia dei confini tra Stato Pontificio e Regno di Napoli, si trovava quindi in posizione strategica di avvistamento e di controllo della viabilità e ne determinava allora la centralità come postazione difensiva del territorio. Il recinto fortificato, con le sue imponenti mura che seguono il profilo della cresta rocciosa e le tre torri d'avvistamento a pianta quadrata, risalirebbe al XIII secolo. Sorgeva su un precedente accampamento romano, una castrum che aveva il ruolo di presidiare la via del sale. Lo storico teramano Niccola Palma accenna all'esistenza di una strada romana che attraversava le montagne di Civitella e di Campli; l'esistenza di tale strada, attraverso la quale sarebbe passato il condottiero cartaginese Annibale, sarebbe confermata dalla presenza appunto di Castel Manfrino, edificato come già detto su una preesistente castrum romana. Alla sua sconfitta e morte nella battaglia di Benevento nel febbraio 1266, che sancì la fine della dinastia Sveva nell'Italia centro meridionale, la rocca passò sotto il controllo degli Angioini. Il Castello, che asseconda per tutta la sua lunghezza lo spuntone roccioso su cui sorge, ha la forma di un budello di larghezza variabile da 8 a 20 metri e della lunghezza di 120 metri; l'incuria e il maltempo lo hanno fortemente danneggiato tanto che le sue strutture più che vedersi si possono intuire. Le mura sono di uno spessore che varia da cm 50 a cm 100 e sono state costruite cementando sassi di fiume levigati solo nella parte esterna, in modo da formare una parete liscia e compatta. La cinta muraria sveva non era dotata di bastioni, ad eccezione della zona adiacente l'ingresso; mentre nella parte opposta si stagliava l'imponente torrione quadrato, il maschio, che fungeva da residenza del castello nonchè da ultimo baluardo del forte nel caso le difese esterne avessero ceduto. Nel 1281, Carlo D'Angiò dispose l'edificazione di una nuova massiccia torre, verosimilmente su disegno dell'architetto francese Pierre d'Angicourt, al servizio dei sovrani angioini del Regno di Napoli e all'epoca attivo in Abruzzo. Era a pianta quadrata e conserva il primo livello con la cisterna interrata e tratti di mura fino all'altezza di 12 metri. I resti della torre, tra le rare testimonianze del primo periodo angioino conservatesi costituiscono una testimonianza di grande valore documentario. La rocca conservò una notevole importanza strategica fino agli inizi del Cinquecento, quando l'uso della polvere da sparo per scopi bellici ne sminuì la funzione e dichiarò quindi la progressiva decadenza di tutte le fortezze con tali caratteristiche. In epoca moderna, la rocca subisce un processo di destrutturazione e il materiale viene recuperato probabilmente per la vicina Macchia da Sole. Attualmente l'aspetto di Castel Manfrino è quello derivato da rimaneggiamenti intercorsi nei secoli ma resta, in sostanza, quello di epoca angioina.

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